La ricetta
da "Asporti non autorizzati"
Era stato un cuoco abilissimo. Poi l'età e certi acciacchi non gli avevano più consentito di sopportare il faticoso lavoro di cucina. Per rimanere comunque in attività, si era dedicato all'altra grande passione della vita: la letteratura.
Ci sono diverse forme di arte narrativa. Quella che il nostro amico prediligeva era senza dubbio tra le più importanti. Sposava, inoltre, i grandi interessi della vita dell'ex cuoco. Si trattava della letteratura gastronomica.
L'ex cuoco si sedeva al tavolo di cucina, guardava i fornelli e pensava. Decideva la pietanza da preparare e da illustrare. Radunava gli ingredienti, nelle quantità necessarie, davanti a lui, ad una certa distanza. Per ispirarsi era necessario che li contemplasse.
A quel punto cominciava a scrivere. Dopo aver fatto l'elenco degli ingredienti, la penna gli prendeva la mano. Ciascuna delle cose che entravano nel piatto cessavano di essere semplici elementi di una ricetta. Diventavano, piuttosto, i personaggi di un romanzo.
Per esempio, partiva dai pomodori, da quelli che aveva davanti, e ne faceva la storia.
Cominciava dai semini. Descriveva il contadino che li aveva messi nella terra. Raccontava i casi della vita dell'agricoltore, nel tempo in cui, fino al raccolto, aveva innaffiato e curato la piantina.
Passava alla pasta, partendo, ovviamente, dalla spiga di grano. Raffigurava, chissà perché, una spiga molto vanitosa. Ricordava di quando il cane del fattore aveva fatto cacca vicino ad essa. La spiga era stata molto contenta: "Ha intelligenza questo cane per aver prescelto proprio me, per i propri bisogni. Sono la più bella del campo e, con questo bel concime naturale, crescerò ancora più aggraziata. Torna presto, cane, con i tuoi doni." L'ex cuoco, a questo punto si mostrava contrariato. Pare, infatti, che la spiga si fosse messa ad ondeggiare scandalosamente per indurre il cane a ritornare.
Dalla spiga venne fatto dell'ottima farina. L'ex cuoco si rifiutò di parlare del mugnaio. Il proprietario del mulino, infatti, era un tipo decisamente antipatico.
La farina era stata portata alla fabbrica di pasta. Il camion aveva avuto un incidente. Colpa dell'autista ubriaco. Per punizione era stato licenziato in tronco.
La farina era stata mescolata all'acqua ed era passata in una macchina. Qui l'impasto avrebbe assunto la forma desiderata. Ma, poverino, un operaio si era fatto male. Una goccia di sangue era stillata dalla mano ed era caduta nell'impasto. Non si vedeva, nella pasta che l'ex cuoco aveva davanti, quella traccia impercettibile che significava sacrificio e fatica.
L'ex cuoco passò poi ad una foglia di basilico, cresciuta solitaria in un angolo remoto dell'orto.
Era figlia di un seme sconosciuto, capitato chissà come in quel luogo. I semi di basilico che si rispettano hanno un produttore, una paternità, che è scritta con bei caratteri su bustine colorate. Quel basilico, invece, non poteva rivendicare nessuna origine certa. La circostanza ed il fatto di crescere in grande solitudine aveva determinato un temperamento triste, malinconico. Piangeva il basilico, e, piangendo, spruzzava nell'aria microscopiche lacrime che diffondevano un bel profumo intenso.
L'ex cuoco si addormentò sulle pagine e pagine che aveva scritto. Avrebbe impiegato tutto il giorno successivo per completare e illustrare ai buongustai la sua versione della ricetta degli spaghetti "espresso".