Il Grande Facilitatore

da "Asporti non autorizzati"


E, alla fine, l'impianto di riscaldamento si guastò irrimediabilmente. Doveva pur accadere dopo aver svolto un servizio impeccabile per migliaia e migliaia di anni. Irradiare, poi, una temperatura costante e uniforme di cinquecento gradi, non era stato uno scherzo. Ora bisognava ricorrere a riparazioni radicali, tanto era stato devastante il guasto, che richiedeva una ristrutturazione totale. L'attività andava trasferita.

Il compito era immane: trovare un luogo ideale dove creare attrezzature temporanee idonee, trasferire milioni di ospiti.

Il Grande Facilitatore andò a colpo sicuro e ai suoi collaboratori disse: “Non c'è bisogno di indagini particolari, so io dove andare, là è possibile fare tutto quello che si vuole, assecondando le naturali inclinazioni degli indigeni.” Fece un nome e un brusio di approvazione consacrò (se è il caso di usare questo termine) la sua scelta.

Bisognava subito inviare degli elementi scelti per dar corso a quanto era necessario.

Veri e propri agenti provocatori si insinuarono nei gangli vitali del paese dove doveva sorgere la struttura. Tanto per saggiare la disposizione delle più eminenti personalità, gli agenti chiesero a membri del governo, parlamentari, consiglieri comunali, autorità locali, alti esponenti della polizia e delle forze armate, rappresentanti dell'alto e del basso clero, giornalisti, magistrati se volevano l'eterna giovinezza.

Ma molta acqua era passata dopo Goethe, e gli agenti tornarono sconfortati alla base.

“Vogliono tutti solamente mazzette, solo mazzette, se ne fottono dell’eterna giovinezza.”

“Li sistemo per le feste io,” disse allora il Grande Facilitatore.

“Ma non troveremo ostacoli dall'omino vestito di bianco?” Fece pensoso un membro del consiglio.

“Tutt'altro. La nostra presenza ravvicinata gli andrà a fagiolo. È una questione di mercato. Lui ha sostenitori perché ci siamo noi, noi non abbiamo sostenitori se non quattro imbecilli. Noi abbiamo solo clienti che, peraltro, ci manda lui. E sono suoi sostenitori di cui l'uomo in bianco non è soddisfatto. Noi serviamo i nostri clienti, prima e dopo. Dei servizi che offriamo prima, i clienti non possono che dire un gran bene, perché facilitiamo, facciamo arrivare dritti allo scopo senza ostacoli. Ma del trattamento che offriamo dopo, i nostri clienti non sono soddisfatti. Lui sì. Se siamo più vicini giova ai suoi affari, perché siamo lo spauracchio per tenere più avvinti i suoi. Insomma il mercato funziona perfettamente. Non ci sono sovrapposizioni.” Questo disse il Grande Facilitatore.

Si passò subito all'attuazione del piano. Si bandì, quindi, una gara di evidenza pubblica per la metanizzazione spinta della città dove sarebbe stata impiantata la grande struttura temporanea. Ma si fece anche altro.

“Energie rinnovabili, appalti, opere pubbliche, benefici per la comunità e per il settore privato. Seminario, conferenza dibattito con spettacolo di arte varia.”

L'invito fu inviato ad un eletto pubblico di persone che contavano, il fior fiore della politica, dell'economia e di altri settori guida. Data l'appetitosità dell'argomento la risposta fu massiccia. 

Il Grande teatro dell'opera, dove si svolgeva l'evento, fece registrare il tutto esaurito e posti in piedi.

Le luci si abbassarono e il sipario si aprì, facendo apparire una scena singolare. Un personaggio dall'aspetto imponente sedeva al centro della scena, ai suoi lati due suoi clienti, scelti tra quelli che erano stati il fior fiore dei grassatori della pubblica cassa. I due, a testa in giù, lievitavano su cucine economiche a quattro fuochi, accese giusto per mantenere intatto il bel colorito di rosolato ai due individui.

Vivi brusii in sala. Poi un lungo silenzio.

Il Grande Facilitatore guardava, scrutando attentamente in ogni ordine di posti.

Alla fine egli si compiacque di parlare: “Vi ho studiato attentamente. Era doveroso, in un'occasione come questa, vedere se siete cambiati. Ebbene, in duemila anni vi siete fatti schermo di idee totalizzanti, gloriose in superficie ma laide appena appena sotto pelle, prima in religione, poi insieme in politica ed economia ed, infine, in economia. Dicevate di essere mossi da grandi ideali, in realtà perseguivate e perseguite i vostri miserabili interessi. Ebbene, non siete cambiati, siete sempre gli stessi. Ma veniamo al primo tema della serata e, a cascata, agli altri.

Questo paese non ha giacimenti di petrolio, di carbone, di metalli preziosi, di gas naturali. In compenso quasi in ogni borgo è ricchissimo di energia tellurica. È una vera e propria benedizione del cielo, è una miniera a cielo aperto.

Infatti, qualunque risorsa del sottosuolo comporta, comunque, fatica e costi per lo sfruttamento. Lo stesso non può assolutamente dirsi dell’energia tellurica. Tutto quello che uno deve fare è: mettersi al riparo ed aspettare che i terremoti buttino giù case, paesi e città. 

Immancabilmente, arrivano i soccorsi, i soldi, prima sotto forma di sottoscrizioni di privati cittadini e, poi, come contributi dello stato. Quest’ultimo è, senza dubbio, l’aspetto più interessante della faccenda. Essa va sotto il nome di ricostruzione.

Se bene organizzata la ricostruzione è un'autentica manna dal cielo, in piccolissima parte per i cittadini veramente danneggiati, ma in misura massiccia per tutti quelli che lavorano nel campo delle opere pubbliche. Dalla politica alle imprese di costruzione, da queste alla delinquenza organizzata: ce ne è per tutti quanti vogliano legittimamente concludere lucrosi affari nel ramo. 

È un potente volano per l'economia.

L’energia tellurica ha un solo, grande inconveniente. È capricciosa. Si manifesta quando dice lei. A volte può restare inoperosa anche per decine di anni.

In questo caso le transazioni economiche relative alla ricostruzione, ma, naturalmente, non la ricostruzione stessa, volgono stancamente alla fine. Se non si verifica un altro terremoto, gli operatori del settore, a cominciare da quelli che si occupano di politica fino a quelli che sono impegnati nella criminalità organizzata, dovranno chiedere al governo nazionale la proclamazione dello stato di calamità naturale per fruire delle relative provvidenze. In pratica, come quando c’è la siccità.

Uno sparuto gruppo di detrattori, nemici dell'economia e dell'identità nazionale vi diranno che le notazioni ideali e imprenditoriali che ho svolto sono direttamente ispirate dalla corruzione.”

A questo punto, il Grande Facilitatore alzò il tono della voce e sottolineò le sue parole con decisi movimenti delle mani: “Ebbene, io vi dico che la corruzione è la regina delle arti. E questo paese è rinomato nel mondo per aver dato e dare ancora tanto all'arte.

Uno scroscio di applausi fragorosi si levò per lunghi minuti da ogni parte del teatro.

“Ed ora, signore e signori, seguirà una simpatica dimostrazione.”

Il Grande Facilitatore schioccò le dita. Si trattava evidentemente di un segnale convenuto.

I due Grandi Grassatori, con un'elegante capriola si disposero in piedi sul palcoscenico. Poi essi andarono nelle quinte e tornarono con veloci e potenti fotocopiatrici, montagne di risme di carta e sacchi di finissima polvere di grafite.

Il Grande Facilitatore estrasse dal panciotto un antico orologio a cipolla. Fece quindi oscillare il misuratore del tempo, manovrando la pesante catena d'oro.

Dopo non molto tempo, uno stupefacente fenomeno di ipnosi collettiva si compì.

Uno dopo l'altro tutti gli uomini dabbene presenti si recarono sulla scena. I Grandi Grassatori fornivano polvere di grafite e carta, gli individui passavano la polvere di grafite sui fogli e, istantaneamente, si riproducevano documenti imbarazzanti e compromettenti: lettere, fatture, ricevute, note confidenziali, messaggi elettronici cancellati. Insomma, una specie di copie fotostatiche medianiche Le illustri persone venivano anche invitate ad ingurgitare un bel po' di polvere di grafite e, poi, di spanderla, con la lingua, su carta. Si ottenevano così resoconti di intercettazioni telefoniche e ambientali. Anche qui intercettazioni telefoniche medianiche. Si crearono pile enormi di documentazione.

Anche l'ultimo consigliere comunale rese completa confessione delle sue malefatte.

All'improvviso, un vento impetuoso ma ben caldo, perché proveniente da un luogo che stava per essere temporaneamente dismesso, soffiò nel teatro. I fogli di carta, contenenti confessioni di miserabili malefatte, cominciarono a vorticare in bianchi e velocissimi mulinelli. I presenti, tranne il Grande Facilitatore e i suoi aiutanti, si aggrapparono, in preda a un'indicibile paura, disperatamente e urlando, alle poltrone, da dove la furia d'aria voleva staccarli. Finalmente dopo lunghi momenti di terrore, tutto cessò. Le carte tornarono al loro posto, in pile ordinate. A quel punto, la bella serata ebbe termine.

Non era necessario, a questo punto, corrispondere mazzette o promettere l'eterna giovinezza, che, a causa dell'invadenza nella società dei chirurghi plastici, non interessava a nessuno.

La grande metanizzazione era ormai cosa fatta, ma il Grande Facilitatore volle che le decisioni su di essa e sui relativi appalti avvenisse in modo regolare. I componenti dell'assemblea che doveva approvare il progetto, e sui quali erano stati raccolti voluminosi dossier medianici, dovevano essere distribuiti tra il voto per il sì in maggioranza ed il no in minoranza. Queste, d'altronde, sono le elementari regole della democrazia che il Grande Facilitatore, rispettoso dei meccanismi costituzionali, non voleva disattendere.

Il giorno fissato per la seduta, l'Assistente Maggiore del Grande Facilitatore sistemò anche gli ultimi dettagli coreografici. L'Assistente aveva un certo gusto goliardico. Con un tocco segreto e magico trasformò i componenti dell'assemblea. Ora essi avevano un bel colorito rosso fuoco, due corna in testa e una lunga coda che fuoriusciva dal didietro.

Una messinscena disgustosa, la definì il Grande Facilitatore, che aveva sempre detestato quella rozza, dozzinale, falsa iconografia, che, però, costituiva una plastica rappresentazione della crisi della rappresentanza politica.

Di seguito, il resoconto stenografico della seduta, nella traduzione dell'Assistente Maggiore dei rumori corporali, ventrali o labiali secondo l'ideologia sottostante ad ogni parte politica, prodotti dagli onorevoli membri dell'assemblea. Si tratta, in buona sostanza, di quasi-dialetti, che ricordano, alla lontana, l’alfabeto Morse, non facili da decodificare, dovendosi conoscere profondamente il linguaggio della politica:

Presidente: “Ah, ah, ah...” (serie di eruttazioni lunghe e brevi : “Dichiaro aperta la seduta.”)

Il Capo dell’opposizione si alza con sussiego, e chiede, con cenni gentili, la parola al presidente. questo, con raffinatezza, sempre a gesti, gliela concede.

Capo dell’opposizione: “Pr, pr, pr...” ( serie di scoregge lunghe e brevi: “E chi se ne fotte.”)

Presidente (non tiene conto dell’ultima affermazione): “Ah, ah, ah...” (eruttazioni: “Il segretario dia lettura dell’ordine del giorno.”)

Segretario (non conosce il linguaggio della politica e si esprime come può): “La proposta del presidente è di approvare la grande metanizzazione e di ratificare spesa per il pagamento della bolletta del gas, per consumi presunti dopo la grande metanizzazione.”

A gesti, il capo dell’opposizione chiede di controllare la bolletta. Il segretario gliela mostra.

Nell'aula si ode uno scroscio. Il capo dell’opposizione ha pisciato sulla bolletta..

Trambusto in aula.

Eruttazioni sui banchi della maggioranza.

Scoreggiamenti lievi sugli scranni dell’opposizione, che è in manifesta minoranza.

I membri dell’assemblea delle opposte fazioni vengono alle mani.

Vola materiale corporale che lorda anche l’austera sala.

Il segretario si nasconde sotto il banco del presidente.

Il presidente riporta l’ordine in aula operando con un lungo bastone.

Capo dell’opposizione: “Pr, pr, pr...” (scoregge tonanti, nette, decise, precise colpiscono come fruste l’uditorio: "All'importo segnato sulla bolletta sono stati aggiunti a penna sei zeri. Chi si è fottuto la differenza?")

Vivaci scoregge di approvazione salgono dai banchi dell’opposizione.

Sgomento e silenzio nel settore riservato alla maggioranza.

Il presidente fa schioccare la coda. Una violacea nube sulfurea invade l’aula. Quando torna la luce dopo l’offuscamento, si scorge l’intera opposizione in congiungimento carnale con prostitute fatte affluire rapidamente nell'aula.

Rumori ritmici, gemiti e lamenti dai banchi dell’opposizione.

Presidente: “Ah, ah, ah....” (eruttazioni: “Metto ai voti la ratifica del pagamento della bolletta del gas nell’importo legittimamente alterato.”)

La maggioranza approva. L’opposizione si astiene, avendo altro a cui pensare.

Presidente: "Ah, ah, ah..." (eruttazioni: "Visto che ci siamo, metto anche ai voti questo altro pacchetto di cinquemila ratifiche di atti di spesa. L’opposizione ha da formulare osservazioni?")

Mugolii indistinti.

La proposta viene approvata a maggioranza.

La maggioranza aspetta compostamente che la minoranza finisca di attendere ai suoi compiti istituzionali.

Le prostitute, dato il meglio di se stesse nella complessa attività amministrativa, abbandonano la minoranza e vanno a sedersi nel banchi riservati a pubblico.

Capo dell’opposizione: "Pr, pr, pr..." (scoregge dimesse evidenziano spossatezza fisica ed intellettuale: "Anche questa volta la minoranza è costretta a cedere alla protervia della minoranza. Ma abbiamo una proposta da fare. Proponiamo che le differenze tra spese approvate e spese effettive vengano giocate tra di noi a poker, dopo una sospensione di un’ora della seduta."

Il presidente consulta i suoi consiglieri e controlla il numero degli assi nella manica.

Presidente: "Ah,ah, ah..." (eruttazioni condiscendenti: "Si può fare.")

La seduta viene temporaneamente sospesa.

Era evidente che i membri dell'assemblea si erano fatti prendere la mano dai soliti rituali democratici e avevano messo in scena il consueto teatrino della politica. Bastò, però, un deciso intervento dell'Assistente Maggiore, che impartì una severa lezione di stile, per riportare l'assemblea nel sicuro alveo democratico, senza fronzoli e deragliamenti su questioni accessorie di poco o nessun conto, in generale, ma certo non in particolare.

Al ritorno in aula, quindi, la proposta di grande metanizzazione e la concessione degli appalti vennero seccamente approvati. La ratifica del pagamento della bolletta in acconto ed altre quisquilie vennero rinviate a una successiva seduta.

Tutto quello che nasce bene finisce bene.

Dopo l'approvazione del progetto di grande metanizzazione si passò alla fase esecutiva dei lavori, assegnando l'appalto al consorzio di imprese Mefistofele.

La città fu percorsa, fin negli angoli più remoti da tubi che portavano il prezioso gas in ogni dove, nelle buche stradali, nelle vie, nelle piazze, tra gli antichi monumenti, tra le mura e gli archi. Ad ogni passo ci si imbatteva in dannati che rosolavano allegramente su potenti bocche di fuoco.

Un solerte magistrato istruì un processo contro tutti quelli che avevano approvato e promosso il progetto, parendogli che quelle strutture violassero, per la crudeltà delle pene inflitte, i diritti fondamentali dei dannati. Le pene per questi ultimi, come costume in quel felice paese, dovevano quanto meno essere trasformate in arresti domiciliari o cancellate per intervenuta prescrizione. Per parte sua, l’omino vestito di bianco dispose che le pene dei dannati, beninteso solo quelli poveri, venissero alleviate con delle docce rinfrescanti.

Ma queste sono altre storie, che forse vi racconteremo un giorno.