L'usuraio
da "Asporti non autorizzati"
L'avvocato Mario Bruno era un affezionato cliente del ristorante "Il fetente" di vico carceri San Felice, a ridosso di piazza Dante. Il laidissimo, untuoso, maligno e cattivissimo Bruno, tra gli usurai della città, era forse quello con il giro d'affari più vasto e più sicuro, quanto al rientro dei soldi. Non c'era credito, oltre agli interessi stratosferici, che Bruno non riuscisse a recuperare. Non andava in tribunale per tutelare i suoi sporchi affari, ma usava metodi molto particolari e senz'altro efficaci. D'altronde, nonostante il titolo professionale, lui di attività giuridica e giudiziaria non ne capiva proprio niente.
Frequentava "Il fetente" perché lì non pagava. Aveva in pugno, per via di una lunghissima catena di debiti, il povero cameriere Armando. Era questo a pagare al posto dell'usuraio.
Il cameriere lavorava in maniera poco professionale. Più di tanto non gli era consentito dall'avere un solo braccio ed una sola mano. Anche la mutilazione tornava utilissima a Bruno.
Quando c'era qualcuno che tardava nei pagamenti, Mario Bruno lo invitava a pranzo al ristorante. Beninteso, al debitore non era concesso mangiare. Doveva assistere e sentire.
Armando portava immancabilmente un fumante piatto di spaghetti che nascondevano, sotto, uno strato di pezzetti di carne. Il cameriere rimaneva impalato e piangente vicino al tavolo. Anche questo faceva parte della sceneggiata.
Ogni volta, lo schifosissimo usuraio manovrava con la forchetta nel piatto e portava alla luce la carne. Diceva, quindi, al debitore: "Non mi state pagando, come è vostro obbligo. Vi trovate in posizione irregolare, come questi pezzetti di carne, che si trovavano sotto e non sopra i maccheroni."
Poi masticava la carne, lentamente, come per valutarne precisamente il sapore ed altre componenti. Dopo aver riflettuto a lungo, si rivolgeva con tono di rimprovero ad Armando, che, per parte sua, agitava il moncherino singhiozzando: "Mio caro, ti è salito il colesterolo, ultimamente. Lo sai che mi fa male."
Il povero mutilato ululava per la disperazione.
Poi, l'usuraio convinceva definitivamente l'altro debitore, madido di sudore, a saldare il dovuto.
"Vedete - diceva Mario Bruno - io sono cannibale. Se proprio non potete pagare, come dite, possiamo arrivare allo stesso accordo che ho stipulato con Armando. Convertiamo il debito in pezzi della vostra carne, e non se ne parla più. Però, badate bene alla vostra alimentazione, perché pretendo carne magra e della migliore qualità."