Tempio dei Dioscuri (ora, abusivamente, chiesa di San Paolo)

da "Asporti non autorizzati"


Ogni tanto la storia si ripete.

La chiesa di San Paolo esibisce sull'ingresso uno striscione: “Tempio Occupato”.

Urla e schiamazzi provengono dall’interno. Il sagrestano, sulla piazza antistante, cerca di seguire gli avvenimenti. Si massaggia il didietro. Ancora una volta è stato preso a calci da un gruppo di personaggi esasperati. Gli hanno gridato “Servo dei nuovi padroni” e lo hanno accompagnato poco educatamente all’uscita.

San Paolo cerca di calmare gli animi. I più arrabbiati sono due gemelli. “Questo tempio è nostro. Te ne devi andare. Qui sei un abusivo.”

San Paolo, visto che non riesce ad esprimere le sue ragioni, la mette sul piano legale.
Chiama Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, patrono degli avvocati, che spiega pacatamente: “Nessuno mette in dubbio il vostro antico titolo di proprietà. Solo che c’è stata l’usucapione. Il collega Paolo è qui da centinaia di anni. Quindi, la chiesa, con annessi e connessi, è sua.”

“Mettete subito in mezzo gli avvocati, quando vi trovate a malpartito. La verità è che questi due poveri ragazzi si sono trovati in mezzo alla strada con la violenza.” Il sommo Giove, come è nella sua natura, scivola sul paterno. Poi si guarda intorno. Vede solo santi minori. Si arrabbia. Chiede di parlare con i capi.

Il massimo che gli possono procurare è San Domenico Maggiore. Giove non ci sta e dà in smanie.

Rimbombano tuoni nella chiesa. Si vedono scariche elettriche.

Lo devono mantenere, perché cerca di dare addosso a San Domenico Maggiore. La situazione degenera.

Venere si spoglia davanti a Sant’Antonio Abate. Gli grida: “Beccati questa tentazione!”

Il poverino, da quando stava nel deserto, non assisteva a uno spettacolo simile. Ne approfitta il suo amico porco, che avendo su certe cose un autocontrollo da maiale, dà in smanie. Come impazzito, comincia a scappare per la chiesa.

Le ostilità vengono momentaneamente sospese. Tutti, santi e dei, si danno un gran da fare per recuperare il porco.

Le acque sembrano calmarsi. Ma Venere viene affrontata da una santa vergine e martire.

“Vestiti, peccatrice.”

La dea la guarda fissa negli occhi. Ride. “Guardate questa santarellina. La sua educazione non la fa parlare. Dici quello che pensi. Abbi il coraggio. E dici che sono una zoccola!”

Le due vengono alle mani. È il primo episodio di dura violenza fisica. Le due vengono separate a fatica.

Marte, nel parapiglia, si è ferito ad una gamba.

“C’è in sala un dottore?” grida Mercurio.

Si fa avanti San Gerolamo. Si viene subito a capo dell’equivoco. Gerolamo è dottore della chiesa.

Ne approfitta Saturno, benché Giove cerchi di farlo stare al posto suo: “Papà non fare l’intellettuale.”

Saturno e San Gerolamo si appartano in una cappella laterale. Il dio del tempo rivendica la superiorità del politeismo, fonte di tolleranza. “Se era per noi, ora saremmo una sola grande famiglia. Sulle persecuzioni, poi, ci sarebbe molto da dire. Ma, si sa, la storia è scritta dai vincitori.”

San Gerolamo ribatte: “Non ti posso seguire su questo terreno.” Poi, con voce calma e monotona, inizia a parlare di teologia e non la finisce più.

Mentre il leone di San Gerolamo guarda interessato il porco di Sant’Antonio Abate, la discussione degenera ancora, qua e là.

San Giuseppe da Copertino, il santo dei mistici voli, sfida Mercurio a chi vola più alto e più veloce.

Giove grida alla santa vergine e martire: “Io tengo famiglia. Che ne puoi sapere tu dei sacrifici da fare per mandare avanti i figli.”

Si sta facendo l’alba. Tra poco verranno i primi fedeli. Bisogna che gli occupanti sgomberino immediatamente la chiesa. San Paolo chiama la polizia.

San Michele Arcangelo arriva presto con i suoi colleghi. Vanno per le spicce. Trascinano letteralmente di peso i più recalcitranti.

Giove grida: “È un abuso. Non potete.”

Saturno non protesta. È stato rimbambito dalle chiacchiere di San Gerolamo.

Gli occupanti fanno un triste ritorno casa. Solo Mercurio è contento. Sotto il cappotto ha le aureole d’oro dei santi e le spade degli angeli. Se le è rubate nel parapiglia.

Apollo, sempre abbronzato perché si fa la lampada, si avvicina a Giove.

“E se chiedessimo un referendum?”

“Sì, ma solo a patto di avere le stesse possibilità di fare propaganda.”

Gli dei antichi, scacciati dall’Olimpo, hanno trovato ospitalità a Napoli, in via San Biagio dei Librai. Sono in un palazzetto, completamente sfondato all’interno. Solo per loro, magicamente, appaiono pavimenti, porte, mobili.

Mercurio ha un negozietto. Non ce la fa a tirare avanti. Così, per arrotondare, fa il borseggiatore sul tram numero 1.

Venere, ufficialmente, è estetista. Si sospetta che faccia anche dell’altro.

Ognuno si arrangia come può.

Rincasando, trovano Ercole che sta tornando pure lui. Ha lavorato la notte intera come facchino, ai magazzini generali.

Pan, invece, è mattiniero. Già dalle sette è davanti alla sua bancarella. Vende cassette e CD pirata. Per attrarre la clientela, suona il flauto. Canticchia, poi, di dei e di eroi che a Napoli un posticino, pur se piccolissimo, per continuare a vivere, lo hanno trovato.