Il violinista principiante
da "Asporti non autorizzati"
Luigino, un vispo tredicenne che era il cuore di "mammà", aveva il viso coperto da brutti foruncoli. Ciò mostrava, senza ombra di dubbio, il suo abbandono dell'infanzia ed il conseguente passaggio ad un'altra stagione della vita.
La madre soffriva di squilibri di altro genere. Si era fissata che il figlio aveva le qualità necessarie per diventare un violinista eccezionale.
Nel pomeriggio di ogni giorno, Luigi, che era un ragazzo ubbidiente e libero da impegni scolastici, perché si era nel mese di giugno, andava da un paziente maestro. Passava le mattinate successive ad esercitarsi.
Lo studente non aveva nessuna inclinazione per la musica, anzi: era assolutamente negato per lo studio di un qualsiasi strumento musicale. I suoni che riusciva faticosamente a produrre con l'archetto erano, quindi, una vera tortura per lui stesso e per tutto il vicinato.
Luigino si esercitava di fronte alla stanza da letto di una non più giovane entraineuse, Rosetta. La donna lavorava la notte con infoiati marinai nel locale notturno "Il gatto nero" e, giustamente, chiedeva silenzio e rispetto per dormire di mattina. Osservare questi ritmi vitali era stato possibile fino al giorno in cui Luigino aveva iniziato la sua dannatissima carriera artistica.
Rosetta aveva appena messo la testa sul cuscino. L'apprendista Paganini, proprio in quel momento, iniziò a strimpellare. L'entraineuse si buttò giù dal letto e aprì come una furia la finestra. Si trovò di fronte il soave viso della madre del precoce talento.
"Signorì, avete sentito come suona bene mio figlio? Il maestro dice che è molto portato..."
Rosetta fece buon viso e cattivo gioco. Era una matura e navigata puttana. Capì subito che non bisognava ingaggiare una guerra diretta, ma aggirare con astuzia le postazioni nemiche.
"Vorrà dire che dovrò fare degli straordinari" si disse.
Rosetta aspettò che la buona madre si ritirasse dal balcone. Si spogliò, facendo venire integralmente fuori le sue grazie, sfatte ma ancora interessanti. Si mise bene in vista del ragazzo, che suonava con la finestra aperta.
Il ragazzo guardò quella che, per uno scrofoloso come lui, era autentica grazia di Dio, con gli occhi da fuori. Paonazzo, abbandonò archetto e violino e corse a chiudersi in bagno.
La prima lezione di Rosetta era terminata. La donna mise dei tappi nelle orecchie e se ne andò, beata, a dormire.
Nei giorni successivi Rosetta passò alle dosi massicce. Cominciò a sfogliare il kamasutra, che era materiale di consultazione per clienti particolarmente esigenti, ed a mimare, nuda, le posizioni più interessanti. Non dava tregua a Luigino. Non appena il ragazzo usciva dal bagno, dove aveva raffreddato i suoi bollori, Rosetta ci dava dentro con un'altra pepatissima rappresentazione. Subito il violinista era costretto a ritornare lì da dove era uscito poco prima.
Una felice mattina, Rosetta aspettava di sentire i soliti stridii per iniziare la sua lezione. Nulla. Il suo allievo non dava segni di vita. La buona donna spalancò ugualmente la finestra. Si trovò davanti la faccia, ora triste, della sua vicina.
"Luigino oggi non suona?" fece melliflua l'entraineuse.
"Che dite mai, cara signorina. Ho dovuto buttare il violino nella spazzatura, altrimenti il ragazzo mi moriva. Il ragazzo deperiva ogni giorno. Si era ridotto ad uno scheletro. Il maestro mi ha spiegato che Luigino, come tutti i grandi artisti, era roso dal sacro fuoco. La musica lo sconvolgeva. Ma io, come buona madre che dovevo fare? Tra la salute di mio figlio e la sua carriera artistica, ho dovuto scegliere la salute."