Il militante

da "Asporti non autorizzati"


Il compagno Pasquale Aveta era uno dei più instancabili attivisti della sezione "Festa dei lavoratori" del vecchio partito comunista. La moglie Marianna parlava dell'impegno politico del marito e sospirava: "Mio marito non sta quasi mai in casa. Fa vita di partito." Non ostacolava, comunque, Pasquale. Ma quanto le sarebbe piaciuto che almeno un po' di quella frenetica attività avesse avuto anche lei come oggetto.

Aveta passava notti intere ad attaccare manifesti. Marianna lo aspettava pazientemente. Spesso, solo alle prime luci dell'alba Pasquale si buttava sul letto.

"Marianna, non mi dire niente, se ho fatto tardi, ma ho dovuto dare il mio contributo per fottere i padroni." La donna aveva appena il tempo di mormorare: "Pasquale, fai conto che anche io sia una padrona", che il marito era già piombato in un sonno profondo.

Le cose sembrarono cambiare in nome dell'internazionalismo proletario. Un profugo politico angolano, Agostino, venne adottato dall'intera sezione "Festa dei lavoratori". Dormiva nella sede. I compagni, per conto loro, facevano a gara per invitarlo a pranzo e per risolvergli i piccoli problemi d'ogni giorno.

L'angolano risultava particolarmente simpatico alle mogli dei militanti, pur esse afflitte dagli stessi problemi di Marianna. 

Agostino, preda delle eresie ideologiche più esasperate, faceva pericolosamente coesistere il marxismo-leninismo con l'attaccamento a certe antiche pratiche magiche, apprese dallo stregone della sua tribù.

Per ringraziare tangibilmente le mogli dei suoi amici dei tanti buoni pasti, il profugo preparò una certa pozione di erbe speciali, che accresceva il desiderio dei maschi. Raffreddava, però, l'impegno politico.

In breve, l'attività della "Festa dei lavoratori" si ridusse drasticamente, tanto che l'organizzazione provinciale del partito la bollò di frazionismo, per adesione a pratiche borghesi decadenti.

Solo Pasquale Aveta continuava ed anzi moltiplicava, per le defezioni degli altri, la sua lotta. La moglie continuava a propinargli la pozione, ma nulla accadeva.

Marianna passò a dosi da cavallo. Pasquale non le resse e, dopo una distribuzione straordinaria dell'Unità, morì.

La salma fu esposta nella sede del partito. La moglie constatò, tra i singhiozzi, che l'effetto desiderato si era finalmente verificato, ma, purtroppo, solo post mortem.

Marianna non aveva occhi che per una collinetta. Si era formata là dove il lenzuolo, che copriva il corpo del marito, era spinto verso l'alto da una forza irresistibile. Lo sguardo di Marianna si appuntò poi su un ritratto di Lenin, che campeggiava su una parete.

La donna, all'improvviso, scattò come una molla. Cercò di lanciarsi come una disperata sul corpo di suo marito. Fu trattenuta a stento, e cominciò ad urlare: "Quant'è bello Pasquale! Per carità, imbalsamatelo!"