Una società segreta deviata
da "Asporti non autorizzati"
Leandro Gambardella era stato uno dei più importanti onanisti negli anni nei quali aveva vissuto la sua inutile stagione giovanile. Ridottosi quasi in fin di vita, fu rinchiuso dai genitori in un severo collegio tenuto da religiosi. I buoni padri gli misero le mani dietro la schiena e lo ammanettarono. Per tre giorni fu costretto in catene, mentre un reverendo esorcista gli parlava del male, mostrando fotografie e grafici. La donna è il diavolo stesso. Dove entra quella parte dell'uomo, che Leandro aveva così malamente amministrato, è la sede della porta dell'inferno. Se avesse continuato nel suo peccato, il giovane non sarebbe stato risparmiato, nell'altra vita, dalle fiamme eterne, e su questa terra, sarebbe diventato cieco.
Leandro ebbe una lunghissima crisi di astinenza, ma, alla fine, guarì. Le sue esperienze divennero, col tempo un pallido ricordo, ma, poiché del male era stato comunque fatto, diventò miope.
Privato della maggior fonte di piacere, finì col concepire la vita come un lungo castigo, da infliggere dapprima a se stesso e, soprattutto, agli altri.
Perciò scelse di fare il magistrato. Per le sue insistenze, fu istituita una speciale sezione dedicata esclusivamente alla repressione della criminalità sessuale.
Un giorno, mentre era dal barbiere, gli capitò di sentire certe confidenze tra clienti, che lo inchiodarono alla sedia. A sentire quelli, c'era in città una setta orgiastica pagana, costituita da adoratori "di dove non batte il sole".
Il giudice tremò per l'emozione. Era l'occasione della sua vita. Avrebbe messo in piedi il processo del secolo contro quei bastardi zozzoni. Cominciò a condurre discrete indagini, ma non tardò a sbattere contro un muro di omertà.
Dovette rassegnarsi a ricorrere all'aiuto del commissario Giuseppe Pianelli, capo della "buoncostume" presso la questura.
I due personaggi erano agli antipodi, anche fisicamente. Magro, giallastro, a trasudare senza sosta cattiveria, il giudice, rotondamente placido, ben disposto verso il mondo, il poliziotto. Il fatto era che Pianelli, passato anche lui nell'adolescenza attraverso l'acutissima fase onanistica, aveva superato senza traumi, con l'aiuto della famiglia, il periodo solitario. Svezzato da una domestica che aveva fatto da "nave scuola", era passato da un amore ancillare all'altro, fino a diventare un robusto cliente di casini. Se amava la sua professione? Svisceratamente. Aveva rifiutato promozioni su promozioni, pur di non perdere la sua posizione chiave nella polizia. Era contro i metodi forti. Consumare è meglio che reprimere, era il suo motto. In cambio di sostanziose prestazioni, era pronto a chiudere un occhio. Se ne valeva la pena, tutti e due.
Pianelli, pressato dal giudice, finì con l'ammettere che aveva sentito qualcosa degli adoratori "di dove il sole non batte". Si trattava di un gruppo di personaggi potenti che si erano riuniti per il comune interesse per quelle che il poliziotto, facendo trasecolare l'interlocutore, chiamò "pratiche posteriori". Le fornitrici dei "luoghi di culto" erano tutte donne bellissime, mogli, sorelle e figlie di altri personaggi famosi.
Leandro Gambardella gridò: "E se sapevate tutte queste cose, perché non avete agito?"
Pianelli trattenne il cazzotto che avrebbe voluto ammollare su quella faccia di limone spremuto, ma si trattenne. Pazientemente, a bassa voce, fece il nome di tutti gli altolocati, uomini e donne, coinvolti. Ad ogni nome, il giudice sobbalzava sulla sedia e si abbandonava a una risata cattiva. Ah, quanto male avrebbe potuto fare, specialmente alle donne che odiava violentemente dall'adolescenza.
"Capite perché non mi sono mosso?"
"Io non ho paura di nessuno. Porterò i loro nomi in piazza. Susciterò uno scandalo mondiale."
Il commissario, anche lui teneramente innamorato delle virtù posteriori, avrebbe voluto, e da tanto tempo, inserirsi, non con spirito vendicativo poliziesco, nel circolo degli adoratori. Non gli era riuscito. Come socio pagante, gli era richiesta una somma che non avrebbe potuto mai sborsare. Sotto altra veste, quella di assaggiatore per non vedere, non era possibile. Quella gente era talmente potente, che se ne faceva un baffo della sua autorità.
Non gli piaceva farlo, ma gli ordini del giudice erano precisi. Doveva agire.
Fu un'operazione spettacolare. Un'irruzione molto ben studiata. Pianelli era accompagnato da Gambardella e da un nugolo di agenti scelti. Nel tempio della setta vennero trovati numerosi individui intenti ad accoppiarsi in maniera innaturale con delle "signore", che mostravano di gradire molto la cosa.
Il giudice si fregava le mani. Ci furono le scene consuete. Gente che cercava inutilmente di scappare, che sveniva, che diceva: "Lei non sa chi sono io." Passarono all'identificazione. I maschi si rivelarono essere tutti mezze calzette, per lo più impiegati di banca e del catasto. Le donne, poi, furono definite dal commissario "culi di secondo piano". Non c'era neanche una donna appartenente all'alta società. Erano tutte consumate, anche se procaci battone.
Venne messo alle strette il cameriere tuttofare del "tempio". Pianelli sfoderò una falsa aria da cattivissimo investigatore americano, ma rideva sotto i baffi: "Parla, altrimenti ti strizzo le palle."
Sembrò che il domestico non chiedesse altro. Cominciò a parlare, quasi recitando una parte mandata a memoria. Ma erano tutte storie di uomini e donne di mezza tacca. Aprì una cassaforte e ne trasse un voluminosissimo album di fotografie.
"Non tutte le speranze sono perdute" si disse il giudice, rianimandosi un pochino. "Forse si riesce a mettere le mani su qualcosa di grosso."
Gettarono un'occhiata sulle fotografie. Leandro fu di nuovo ributtato nello sconforto più nero, e perse ogni controllo e ritegno: "Ma qui ci sono solo culi!"
Il cameriere spiegò che non aveva mai visto le signore importanti, perché esse giravano per il tempio velato, con lunghe vesti nere e solo con il posteriore scoperto. Esse non parlavano mai. Talvolta gemevano, se i riti erano soddisfacenti.
In preda alla disperazione, il magistrato abbandonò le indagini. Il commissario, invece, non si allontanò dal luogo del delitto. Bussò alla porta di fronte a quella che era stata forzata. Una signora velata, in abito lungo, violando la consegna del silenzio, gli aprì e gli disse: "Poiché ci avete salvato dalle mene di quel masturbatore impenitente, siete ammesso di diritto, come socio onorario, non pagante ma consumante, tra gli adoratori."
La signora si girò per condurlo nella sala delle scelte, e il commissario la seguì estatico, contemplando le arditezze dell'abbigliamento.