Via Pignasecca
Albergo della Posta
da "Il Contastorie"
Il vecchio stalliere di Corte finché visse, cioè fino al 1904, rimase fedele alla dinastia che aveva regnato da ultimo sulle regioni meridionali. Sulla fine di quel regno, l'inserviente non diede mai credito alle versioni ufficiali, e minimizzò il ruolo di Garibaldi.
Particolarmente odiato era l'Albergo della Posta, che chiuse i battenti nel 1885. Fu quello, secondo l'anziano servitore, il teatro di miserie e nefandezze storiche, che determinarono la caduta di un regno.
Per spiegare gli avvenimenti, secondo quella particolare visione storica, è opportuno spostarsi a Torino.
Chi non conosce gli aspetti più sinistri, magici ed esoterici, della capitale sabauda? Ebbene, certe tradizioni, anche se malefiche, non si improvvisano. Anche nell'800 Torino era la capitale del diavolo.
E il demonio, sotto le spoglie del piemontese duca di Gianduria, non era estraneo ai sistemi politici del Conte di Cavour.
Ma che Garibaldi e Garibaldi! La presa del Regno delle Due Sicilie fu opera di quell'infame duca, di cui erano noti i maneggi con Satana. Non secondario fu, poi, il tradimento di Gaspare Anzalone.
Era tradizione della dinastia dei Borbone, per assicurare la protezione, la prosperità di loro stessi e del regno, avere a corte, un corpo particolare di paggi, costituito dal fiore degli scartellati, cioè dei gobbi, di tutte le provincie. A capo di quel singolare reggimento era lo "scartellato riale", il gobbo reale, con la migliore e più decisa duplice prominenza, anteriore e posteriore.
Sua Maestà, nei momenti di più acuta difficoltà del governo, si compiaceva di strusciare la mano contro la gobba di quello che definiva il nostro regal scartellato. Se il momento era proprio difficile, tutti gli appartenenti al reggimento si disponevano con le spalle al re, e l'augusto signore li strusciava tutti.
Le vicende della dinastia erano state alterne, ma sta di fatto che essa si era perpetuata. Di fronte a tanta protezione, vi pare che bastassero mille sfessati comandati da un esaltato, per mandare tutto a puttane?
Ci voleva un intervento demoniaco, sotto le spoglie del Gianduria. Non intervenne da solo, l'infame. Si fece accompagnare dalla Contessa di Capriglione, nobile zoccola e pur essa agente segreto del Cavour.
La coppia si installò all'Albergo della Posta, per preparare la rete nella quale sarebbe caduto il traditore Anzalone.
Lo "scartellato riale" si sentiva trascurato. C'era un nuovo re di Napoli, e questo non dava a lui ed ai suoi sottoposti l'importanza che i precedenti sovrani avevano attribuito, per la felice conclusione degli affari di stato.
I più eminenti occultisti di Napoli si erano consultati. Erano molto preoccupati. "Sua Maestà sbaglia. Trascura qualcosa che il mondo ci invidia. Speriamo che si ravveda, altrimenti saranno guai."
Gli illustri uomini non capivano che il sovrano aveva una natura autoiettatoria, che gli faceva abbandonare anche le precauzioni minime per un capo di stato.
Il Gianduria evocò il diavolo ed ottenne che Gaspare Anzalone fosse irresistibilmente attratto all'Albergo della Posta.
Qui la Capriglione fece la sua parte. Affrontò, trasudando lascivia, il capo del famoso reggimento. La frase che aprì il cuore del regale scartellato fu: "La settimana scorsa vi ho visto solo per un attimo ed ho vinto una quaterna."
"Mi fa piacere. Eppure c'è qualcuno ad altissimo livello che non tiene in nessun conto i miei benefici influssi."
Effettivamente, i due subdoli piemontesi ottennero dal traditore terni, quaterne e cinquine. Con il danaro vinto per quella via fu finanziata la spedizione del Garibaldi. L'erario del regno delle due Sicilie pagò, quindi, la sua fine.
Iniziò la seconda, e decisiva fase, del diabolico piano: la seduzione dell'Anzalone. Fu un gioco da ragazzi, complici anche gli incantesimi compiuti dal duca.
La Capriglione riuscì, quindi, a portarsi a letto Gaspare Anzalone. In cambio dei suoi favori la Contessa ottenne di poter strusciare ripetutamente il ritratto di Vittorio Emanuele II sulle due prominenze del traditore.
Così il Borbone era fritto, ed il Savoia aveva la strada spianata fino a Napoli.
Lo stalliere concludeva ogni volta il suo racconto, mai registrato dai libri di storia, nello stesso modo: "Non fatemi ridere. Ma che Garibaldi e Garibaldi!"