Vico Purità a Materdei

Sede del governo di Sesenia in esilio


da "Il Contastorie"


Come ogni mattina, alle sei in punto, risuonarono, da un vecchio giradischi gracchiante, le note quasi marziali della "Vedova Allegra":

Due anziani signori malmessi, vestiti con marsine sporche e sdrucite, se ne stavano impettiti ai due lati di un pennone, che svettava sopra un basso di vico Purità a Materdei.

Con solennità, lentamente, una strana bandiera arrivò in cima all'asta.

La cerimonia fu turbata da grida e schiamazzi. Dal terzo piano del palazzo, il cavalier Bencivegna fece salire alta la sua protesta: "Basta, non ne possiamo più. E' ora di finirla!"
Quella mattina, il cavaliere non si limitò all'esplosione verbale, ma chiamò la polizia.


Gli agenti trovarono i due vecchi seduti vicino a un tavolo traballante. Uno dei due, che sembrava il più autorevole, firmava della carta oleata, che l'altro definiva pomposamente pergamena.

Quello che pareva il meno importante, e che si presentò come il Cancelliere, si fece incontro al capopattuglia. Spiegò che il suo illustre compagno, definito il Granduca Sergio, stava firmando decreti di nomina. "Stamattina ha conferito al salumiere, Ciccio 'a provola, il titolo di principe. Sapete, è stato fatto per tacitarlo. Vantava troppi crediti, non pagati da anni. Peppeniello 'o ricuttaro, il prosseneta, che ogni morte di papa ci manda qualche ragazza, è stato nominato Primo Mezzano di Corte."

I poliziotti pensarono, è ovvio, di trovarsi di fronte a due pazzi, ma qualcosa li tratteneva dal portarli al pronto soccorso psichiatrico. Pure tra tanta miseria, c'era un che di autenticamente regale proveniente dai due personaggi.

L'agente anziano puntò interrogativamente il dito alla bandiera sul pennone. Si trattava di elegantissime mutande a merletti in campo azzurro.

"Non ridete - fece il Cancelliere. - Questa bandiera è stata la rovina del Granduca. Quando Sergio salì sul trono della Sesenia, si ostinò a voler rendere tangibile, con questo drappo, la sua eterna riconoscenza per la baronessa Marina, sua prima e favolosa amante. 

Dovete sapere che il granduca padre, Tomislao, quando il figlio Sergio raggiunse l'età di tredici anni, organizzò la sua iniziazione. Sergio, però, rifiutò di piegarsi alla tradizione. Scacciò dal suo lettino tutte le zoccole di corte che l'augusto genitore gli mandava ogni notte.

Sergio si intestardì. Doveva conquistare da solo la sua prima amante. Cominciò a corteggiare, sotto falso nome, la femmina più ritrosa e difficile della Sesenia, la baronessa Marina. Dopo tre anni, quando Sergio era sedicenne e non ne poteva più, finalmente Marina cedette.

Il Granduca Sergio, salendo al trono, volle celebrare degnamente la sua prima nobile impresa, sostituendo la bandiera della Sesenia con le mutande di Marina.

Il popolo capì, ma l'aristocrazia bigotta e le gerarchie ecclesiastiche no. Dopo una congiura, il mio povero padrone venne detronizzato e mandato in esilio."

In quel momento la radio della pattuglia gracchiò. C'era stato un omicidio. I poliziotti dovevano raggiungere subito il luogo del delitto.

Misero in funzione la sirena. Il suono lancinante esasperò ancora di più il cavalier Bencivegna, che minacciò un ricorso al questore in persona.

All'uscita di vico Purità, l'auto della polizia venne fortunosamente bloccata da Donna Rosina. La vecchina, implorante, disse: "Per carità, non fate niente di male a quei due poveretti. Sono stati attori di avanspettacolo. Hanno lavorato pure con Totò. E ora si divertono così, senza fare male a nessuno. Non date retta a quello stronzo di Bencivegna."