Tarde se fa e Catiello nun s'atterra
(Si fa tardi e Catello non viene seppellito. I parenti hanno premura. Vogliono che il parente venga seppellito il più presto possibile.)
da "Il Contastorie"
Benché questa vicenda risalga ai primissimi anni '50, abbiamo volutamente alterato nomi di persone e luoghi. Sono, infatti, ancora vivi i parenti del maggiore protagonista. Si tratta di gente ricca ed influente, che potrebbe procurarci molti fastidi.
La contessa Beatrice O. guardava in strada, nascosta dietro le grandi persiane verdi. Giù, in basso, un carro funebre, trainato da otto cavalli, era fermo. Dietro il feretro un codazzo formato da sole donne, che definire dabbene, secondo l'austera morale della nobildonna, era eccessivo. Il cocchiere, un uomo imponente vestito di nero, gridava in un megafono: "Gli amici o, meglio, le amiche qui riunite piangono il principe Renato L. uomo di elette virtù. Chiediamo anche ai suoi stretti parenti del terzo piano, conti O., che stanno nascosti dietro le persiane, di unirsi al generale cordoglio. Quelli, però, pare che non abbiano nessuna voglia di unirsi a queste austere signore." Dopo l'ultima, desolata considerazione, l'omone, che aveva più dell'imbonitore che dell'impresario di pompe funebri, fece schioccare la frusta ed il corteo, che triste non era per espressa volontà dell'estinto, si rimise in moto.
La contessa ebbe una crisi di nervi. Il conte suo marito sibilò "E le autorità non intervengono... Dovrebbero far finire immediatamente questa pagliacciata. Che si seppellisca subito quel farabutto!"
L'itinerario del funerale era stato attentamente studiato.
Alternava fermate sotto le dimore di illustri parenti stretti del morto, che, chiamati a dare l'ultima testimonianza di affetto al principe, non si presentavano, a soste sotto case molto più ospitali. Qui donne moderatamente ma sinceramente addolorate si affacciavano a finestre e balconi e facevano calare sul carro una pioggia di petali di rose.
L'ultima fermata fu nei pressi della chiesa della Santa Misericordia. Qui la Bolognese tenne l'orazione funebre. La Bolognese, donna colta che lavorava solo per passione, era la persona indicata, perché era proprio lei l'erede universale del principe. Sotto un profilo strettamente spirituale, ovviamente, in quanto l'onest'uomo si era mangiato tutto prima della morte.
"Sorelle, celebriamo qui un fratello, anzi, a pensarci bene qualcosa di diverso da un fratello, anche se con quella disposizione di spirito. Celebriamo l'uomo che ha saputo vivere e far vivere. Per frequentarci nella sua breve ed intensa vita si è mangiato dieci palazzi, trecento ettari di buona terra e due riserve di caccia.
Il destino ce l'ha tolto, come lui desiderava, proprio nella nostra casa della buona ospitalità, che ancora frequentava. Non aveva più soldi, ma gli facevamo ugualmente credito. Ma lui lo meritava. Un cliente così nasce solo una volta ogni cent'anni."
La Bolognese trattenne un singhiozzo, ma si riprese. Il principe non avrebbe gradito eccessive manifestazioni di dolore.
"Nessun parente ha voluto allestire la camera ardente. Ebbene, posso dire che siamo state onorate di aver vegliato noi il suo corpo senza vita.
Ma i parenti sono stati sistemati, nella loro pruriginosa onorabilità. Il principe aveva previsto ed organizzato, di conseguenza, tutto.
Ci rimane da sistemare Don Paolino, parroco di questa chiesa della Misericordia. Don Paolino ha detto che il nostro Renato era un pubblico peccatore. Non solo ha rifiutato la salma in chiesa ma non l'ha voluta neanche benedire.
Don Paolino, non te ne vogliamo per questo. Noi siamo molto più misericordiose di te. Continueremo ad accoglierti nella nostra casa della buona ospitalità. Solo che, da stasera, ti faremo pagare tariffa doppia."