Memorie di una nuvoletta

da "Il messia meccanico"


La nuvoletta


Volo felice. Sono una piccola nuvola. Non sono sola, sopra di me ce ne sono altre due, molto più grandi me. Una è bianca, graziosa, un’altra è nera, seria, arrabbiata. È un nuvolo. Tossisce con grandi colpi di tuono. La nuvola bianca ha paura, poi reagisce. Certamente penserete: “Che bel quadro fanno tuo padre e tua madre.” Litigano, si urtano, fanno confusione. Alla fine se le danno di santa ragione.

Dico a loro: “Fermi, buoni, pensate alle conseguenze.” Infatti, di lì a poco, arriva il risultato di quelle scemenze: un temporale furioso, con fulmini e colpi di tuono.

Fuggo sconvolta. Non voglio esser coinvolta in quelle cose da grandi. Voglio viaggiare e vedere tutto il mondo dal cielo.


Il Sole


Cercate di indovinare i miei genitori. Ebbene, avete sbagliato, non sono figlia di altre nuvole. Mio padre è il Sole.

Ero una goccia d’acqua in un ruscello. Mio padre pensò di farmi un favore. Mi riscaldò con i suoi raggi. Mi trovai, come dire? Molto gassosa. E, non per vantarmi, anche molto graziosa. Un batuffolo bianco. Ma che capogiro, che sensazione strana cambiare il proprio stato!

Mio padre, contento, riscaldò anche l’aria, e fece un vento leggero. Arrivai, in alto, sempre più in alto. Soffrivo di vertigini, poi mi abituai.

Vidi tutto dal cielo: il ruscello continuava a scorrere. Un cerbiatto era sulla sponda. Era arrivato in ritardo. Alzò lo sguardo. Voleva la goccia più bella. Ma questa era volata in cielo. Ora gli faceva marameo.


Il vento


Ho imparato a conoscere il vento. È strano. A volta soffia leggero. Increspa appena il mare. Muove piano piano le foglie. Al suo passaggio lento si inchinano le spighe di grano. I petali di rosa hanno piccoli brividi e diventano odorosi.

Me ne vado serena a velocità di crociera. Posso guardare, e imparare molto.

Poi qualcuno chiede un documento al vento. “Volete un passaporto da me? Stupidi!”

Il vento si arrabbia, non vuole costrizioni. Comincia a soffiare, potente. Agita il mondo ululando. Solleva la terra in tondo. Scoperchia le case, solleva gli alberi, distrugge le rose.

Solo con me, che sono la piccola figlia del Sole, non perde la calma. Mi avverte: “Stai attenta, non farti maciullare dalle pale di quel mulino, che gira come un frullino.”


Il filo di fumo


Alla fine, pentiti hanno chiesto perdono al vento: “Vai dove vuoi, per te non ci sono confini.”

Ritorna il sereno.

Sono in una grande pianura. C’è una casa, in un campo di fiori. Dal comignolo si alza un filo di fumo. Non è uno sbuffo deciso. Va di qua e di là. Sembra che faccia la danza del ventre.
Sono stata in tutto il mondo, conosco i fili di fumo di tutti i paesi. Sono proprio pettegoli. Conoscono i segreti di ogni casa. Ho parlato con loro.

O se gli uomini potessero, anche loro, parlare con i fili di fumo che si alzano dalle case di paesi vicini e lontani!

I fili di fumo parlano lo stesso linguaggio, fatto di gioie, di dolori, di pene. Il filo di fumo più saggio ha detto un giorno: “Abbi coraggio, uomo. Invita alla tua tavola un tuo apparente nemico. Il fuoco si farà in quattro sotto il tegame per farti capire un concetto semplice e pure profondo. Alla base del tuo pregiudizio, c’è meno che niente, meno di un filo di fumo sottile.

Musica della terra e del cielo


Ho imparato a conoscere le note della terra e del cielo che compongono la sinfonia universale.

I granelli di sabbia che fuggono. Il ticchettio delle gocce di pioggia. L’attutito e quasi muto cadere della neve. Il fruscio delle spighe di grano piegate e delle foglie battute piano dal vento. L’onda del mare che risale e s’infrange sulla riva. Il fulmine e, poi, il tuono. Il Sole che secca e rompe la pietra. La terra smossa per fare la tana.

È un solo canto fatto di tanti suoni diversi. Anche un granello e una goccia hanno un suono. Ho imparato a sentirli. Ogni cosa, anche la più piccola, è uno strumento che vibra.

Se fossi un uomo accosterei un orecchio alla terra, e non chiuderei con la mano quello che punta al cielo.


Le stelle


Appare la notte. Sono assalita dal buio. Non c’è più mio padre, il Sole.

Devo avere paura?

Guardo di sopra. Ci sono milioni di stelle, lontane. Sono puntini tremanti. Mi sento più grande, acquisto coraggio.

“Piccola intrigante” mi dicono le stelle “chi credi di essere? Molte di noi sono sorelle maggiori del Sole. Ma non temere, piccolina, siamo tue zie. Tuo padre ci ha pregato di vegliare sul tuo volo.”

Guardo la volta del cielo. Sono stupita. Quante stelle! Che famiglia numerosa! Lo dirò domani a mio padre, quando si sveglierà.

Il ritorno


Mio padre il Sole mi ha spiegato che la vita di una nuvola è un ciclo. Per arrivare bisogna tornare. “Fatti goccia nuovamente - mi ha detto. - Poi, certamente, sarai una nuvoletta più bella di prima.”

Ritorno al mio ruscello. Il cerbiatto è ancora con la testa per aria. Mi aspetta, non sembra impaziente.

Ho un po’ di freddo, un altro capogiro, e sono una goccia di pioggia.

“Sono tornata” dico alle gocce sorelle. Rimbalzo sull'acqua. Le altre gocce si mettono a danzare in cerchio, intorno a me.

Il cerbiatto, veloce, abbassa la testa. Mi beve d’un fiato.

“Faccia presto pipì” io prego. “Voglio presto tornare in cielo con l’aiuto del Sole, mio padre.”