Buoni diavoli
da "Il messia meccanico"
Lucilla viveva ai margini della sua comunità. Era una giovane bellissima, che aveva avuto, dalla nascita, la sventura di non sentire, né di parlare con gli altri.
Non erano tempi nei quali si potesse porre rimedio, con un'appropriata educazione, a quelle infermità. Lucilla avrebbe voluto avere il dono della parola per comunicare quanto fosse grande il suo amore per il prossimo. Ma gli altri non la capivano e la tenevano a distanza, ritenendola una strana bestiolina.
Lucilla si rifugiò nel bosco. Lì, in qualche modo misterioso, era in grado di ben intendersi con gli animali e le piante.
Alle creature del bosco si unirono cavalli, asini, oche, pecore, che fuggivano dalla crudeltà dei loro padroni.
Un caprone che, dietro il suo aspetto terribile, nascondeva un cuore dolcissimo, divenne l'animale più devoto alla ragazza.
Un giorno, un affascinante principe passò per quelle sue foreste. Notò Lucilla, attorniata dai suoi amici.
Il principe scese da cavallo e si avvicinò a lei. Lucilla ebbe un tuffo al cuore. Era l'uomo più bello che avesse mai visto.
Il nobile additò lei e gli altri e disse: “Ho sentito parlare di te. Mi appartieni come le altre bestie di questo bosco.”
Fece, quindi, per aggredirla e farle del male.
La giovane, sconvolta da quella violenza, strillava. Accorse il fedele caprone, che colpì con lo zoccolo il principe. Questi si accasciò al suolo, morto.
Quella fine non poteva passare impunita. Di essa venne considerata responsabile Lucilla. L'impronta dello zoccolo - fu detto - era stata prodotta da un calcio del diavolo, chiamato dalla giovane.
Ci fu un regolare processo. Molti testimoniarono contro la ragazza. Un dotto asserì che Lucilla era stata segnata da Dio con la sua infermità, perché i buoni cristiani si accorgessero del male che era in lei. Poteva facilmente comunicare con gli esseri inferiori, aggiunsero altri. Dissero anche che preparava intrugli terribili, che invocava il demonio, con il quale, sotto forma di caprone, si accompagnava.
Era inevitabile. Le testimonianze erano schiaccianti. Lucilla era una strega. Venne condannata al rogo.
Spesso nelle cose illogiche c’è un epilogo perfettamente logico: Lucilla fu portata all'inferno. I diavoli non sapevano che pesci prendere. C'era stato sicuramente uno sbaglio. Non poteva essere destinata a loro. Per sicurezza, comunque, tutti i diavoli furono fatti sfilare davanti a lei. Nessuno l'aveva mai vista nelle scorribande sulla Terra.
Alla fine, fu trovata per lei una sistemazione arrangiata, proprio alle porte dell'inferno. Lucilla piangeva sempre, per l'ingiustizia patita. Le sue lacrime, da un rigagnolo diventarono un torrente e, poi, un fiume in piena.
I diavoli cominciarono ad essere preoccupati per l'esistenza stessa dell'istituzione infernale. Quella benedetta ragazza, con le sue lacrime innocenti, stava per spegnere le loro fiamme.
“Cosa possiamo fare, per te, per non farti piangere?” le dissero.
“Voglio essere felice. È mio diritto. Non ho mai fatto del male. Ho solo amato.”
“Vuoi tornare sulla Terra, tra i tuoi amici animali?”
“No, non posso. Non sopporterei i loro sguardi. Forse anche loro mi considerano una strega.”
“E allora? Cosa possiamo fare per te? Guarda che ci stai mandando in rovina.”
“Voglio tornare sulla Terra e ballare per sempre. Mi fa sentire libera, tutt'una con il vento.”
Da allora Lucilla balla incessantemente, sfiorando i mari, i monti, le valli, i prati, i boschi del Mondo intero.
È felice Lucilla, parte del vento, che odora di fiori e di zolfo.
A turno, uno dei diavoli l'accompagna nell'eterna danza. È per cavalleria, ma è anche per salvare l'inferno.