Ararat
da "Il messia meccanico"
I miti e pazienti cani paria d’oriente si accucciano la sera sul limitare dei villaggi. Aspettano una carezza, un boccone, un fischio di amicizia. Vivono ai margini, attendendo, spesso inutilmente per un’esistenza, qualcuno che li accolga nella loro casa. Chiedono solo che la loro bontà, la loro fedeltà venga messa alla prova.
Negli anni intorno alla prima guerra mondiale, quei cani sparirono dai loro abituali territori. Si concentrarono, in massa, in vaste zone della Turchia, specie in quelle montagnose.
Tempi terribili, quelli! Non solo per il conflitto totale. I turchi avevano deciso che le popolazioni non affini alla loro, per nazionalità e religione, non avessero più diritto di esistenza in quelle terre. Un milione mezzo di armeni furono assassinati, spesso nei modi più terribili e crudeli. Di quel genocidio poco è rimasto nella memoria. Solo qualche raccapricciante immagine nascosta nel buio.
I cani paria non poterono fermare le mani degli assassini. Altro fu il compito che si diedero. Trascinarono i corpicini dei bambini armeni uccisi verso una montagna sacra. Non furono in grado di fare altrettanto per gli adulti. Erano troppo pesanti per loro.
In un luogo che nessun uomo conosce, in un fianco del monte Ararat, si apre un’immensa caverna. In quella i cani portarono e composero pietosamente gli assassinati.
Sopra la cavità, nascosta e inaccessibile giace l’Arca della salvezza.
Terminata la loro opera, gran parte dei cani paria tornarono ai loro villaggi. Solo un piccolo gruppo rimase sul monte sacro. A turno, una femmina, come l’assistente di un collegio, gira tra i piccoli per vegliare sul lungo sonno. Alle pendici del rilievo, un gruppo di amici a quattro zampe fa buona guardia. Girano, generazione dopo generazione, delle storie.
“Un giorno, i bambini armeni si sveglieranno ed entreranno nell’Arca. Quello sarà il segnale. Noi, i cani paria andremo ai quattro angoli della Terra. Porteremo sull’imbarcazione gli innumerevoli bambini vittime di altri feroci genocidi. Nessun adulto, perché troppo pesante per noi. I nuovi arrivati si risveglieranno. Allora l’Arca mollerà gli ormeggi ed andrà sui mari. I bambini canteranno.”