Polvere di stelle
da "Il messia meccanico"
Lo sciamano guardò la Terra e la carezzò. L'aveva ferita con l'aratro, ma le aveva chiesto perdono. Non si era mai sentito superiore ad essa, o ad altro. Sapeva di essere solo l'eterna e infinitesima parte del tutto. Un'ombra gli attraversò il viso e ricordò tutte le volte che uno sciamano era stato deriso, umiliato. Aveva resistito alle conversioni forzate ed era stato arso vivo. Non si era voluto piegare a una verità scritta in un libro, che non era quello della Terra e del Cielo, ed era stato decapitato. Si era voluto fare sciamano ed i suoi antichi e spietati correligionari lo avevano ucciso.
Dalla Terra, offesa da altri, alzò gli occhi, più sereno, verso il cielo e gli infiniti mondi.
Pensò che lui, come ciò che lo sovrastava e lo circondava, c'era sempre stato: in una palla di fuoco, in una pietra gelata. Coda di cometa aveva girato in un'oscurità senza fine, squarciata da folgori accecanti. Scagliato sulla Terra era stato una pietra di una montagna altissima, ma non si era inorgoglito.
Aveva resistito al vento, alla neve, alle tempeste. Ma poi era rotolato in basso, nella valle.
Era stato un uomo, un niente nel fluire del tempo, per soffrire, con una speranza.
Aspettando il ritorno della stagione più bella, quando sarebbe stato di nuovo polvere di stelle.