Diario dell'entità Ilario / 9
data ultramondana 345715/02
da "Papà è nel tavolino" / 11
Smessi i panni dell'alieno, Peppino è ritornato Aura Al Puppin.
Aura Al Puppin, il Magnifico, l'Onnipotente, il Dolcissimo, il Dispensatore del sacro cannolo, della crema pasticciera e di ogni prelibatezza, che il suo nome venga lodato in ogni pasticceria, ha dato anche semplici prescrizioni di carattere sessuale. "Figli miei, accoppiatevi tra voi come più vi aggrada, andate a farvi fottere come più vi piace, ma non dimenticate mai il preservativo nei rapporti a rischio e, soprattutto di pulire le lenzuola." Mi sono permesso di contestare, da un punto di vista strettamente teologico, Aura Al Puppin e gli ho detto: “Fai come gli altri: ti vai a impicciare anche tu di sesso.” Il Dolcissimo mi ha fulminato con lo sguardo. “Stolto. Non capisci niente. Se una religione non mette una mano nelle mutande dei suoi fedeli che religione è? Divieti e prescrizioni, castighi e punizioni terrene e ultraterrene rendono più efficace il suo legame con il popolo di Dio. Ogni religione è intimamente fallofora. Io mi sono limitato e ho prescritto solo la nettezza del giaciglio. Poi non so se hai notato che io riconosco i diritti sessuali di tutti. I colleghi non lo fanno. Ma a me, poi, a Aura Al Puppin, sono particolarmente cari gli omosessuali. Essi non procreano e non contribuiscono a rendere il pianeta sovrappopolato, dove vivere è un esercizio infernale, dove gli spazi per gli altri esseri viventi, piante e animali, si riducono fino a sparire."
Ci siamo accorti di essere ancora più emarginati. A noi si accompagna solo uno sciamano, anche lui messo ai margini. Qui non capiscono una mazza. Altro che primitivo e selvaggio!
Fosse stato per lui, che attribuiva una sacralità a ogni cosa ed essere vivente, il mondo sarebbe salvo. Invece la barbarie di aver dipinto l'uomo come immagine e somiglianza del principale, ha dato all'uomo licenza di massacrare il pianeta, gli altri esseri viventi e, in definitiva, se stesso. Si attende, infatti, una nuova estinzione di dinosauri. Qui si stanno attrezzando per ospitare i profughi.
Ci annoiavamo. Per fare qualcosa ce ne siamo andati a zonzo sulla terra. Peppino e Miscia erano vestiti da diavoli, io ero in borghese.
Eravamo seduti su una panchina in una piazza a discorrere del più e del meno, quando, all'improvviso, a Peppino è venuta un idea.
Mi sono ritrovato a testa in giù, appeso come un baccalà sopra una cucina a gas, accesa a fuoco vivace. Davanti a me, Miscia suonava il trombone per richiamare la gente e Peppino arringava:
"Siamo poveri veterani dell'inferno, senza più salario e senza uno straccio di pensione di vecchiaia, che, come voi sapete, da noi si ottiene solo a 5067 anni, e noi abbiamo solo 5065 anni di contributi. Abbiamo dovuto abbandonare il luogo di lavoro prematuramente, per le nostre precarie condizioni di salute. Anche gli operai siderurgici, arrivati a una certa età, non possono più sopportare le alte temperature. Come liquidazione ci hanno dato questo dannato" e ha indicato me. "Ora abbiamo sul groppone anche la responsabilità di mantenerlo. Perché non deperisca dobbiamo tenerlo costantemente a fuoco vivace. Ma il gas costa e siamo senza mezzi. Fate la carità."
Qualche soldo l'abbiamo rimediato e poiché ci eravamo occupati di gas ci siamo subito recati alla locale società municipalizzata che distribuisce, appunto, il prezioso fluido.
Ci siamo fatti ricevere dalla dirigenza. Dopo i convenevoli d'uso e lo scambio dei nomi d'arte in inglese, Peppino ha ruttato fragorosamente in quella lingua fatta apposta per tali sonorità. Il gesto è stato molto apprezzato. Hanno capito subito che Peppino aveva studiato ad Harvard ed aveva frequentato la scuola di Chicago. Siamo venuti, senza indugi, al nocciolo della questione: bisognava subito privatizzare la compagnia del gas. Peppino ha messo le mani avanti:
"Non abbiamo un soldo, ma quelli ce li mettete voi, le banche, e alla fine, gli utenti con un consistente di più sulla bolletta ."
Gli interlocutori hanno annuito. La cosa era ovvia e scontatissima. Per cui ora siamo tecnicamente dei miliardari e possiamo coltivare gli studi antropologici senza preoccupazioni economiche. Ci siamo dedicati ad un progetto di analisi delle contraddizioni della giustizia borghese.
Per organizzare qualcosa di decente abbiamo chiesto la collaborazione di Sir Arthur Conan Doyle. Non ci ha voluti neanche ricevere.
Abbiamo scelto un povero disgraziato, un derelitto, un barbone. A suo confronto, noi tre, al tempo in cui soggiornavamo sulla Terra, eravamo dei benestanti.
Quel barbone era una figura molto convenzionale. Dormiva sotto i ponti, trascinava tutti i suoi averi in una borsa. Da lui emanava un particolare odore di selvatico.
Non mancava di una sua dignità, e questo si vedeva da come si procurava il cibo.
Naturalmente, spesso doveva tirare la cinghia. Non elemosinava, non stendeva la mano.
Improvvisava poesie nelle osterie e nelle taverne. Non per la sua arte, ma per le sue notevoli emanazioni olfattive, riceveva qualcosa dai padroni delle bettole, che volevano liberarsi subito di lui.
Il barbone dimostrava di avere una cultura superiore. Forse si trattava di un professore di matematica e fisica che aveva abbandonato tutto, perché aveva compreso il senso profondo della vita.
"Quello lì è molto interessante" ha detto Peppino compiaciuto. È stato lui a scoprirlo. "Si può sapere quando verrà da queste parti? Sono sicuro che diventerà uno dei nostri."
Il nostro barbone si è trovato, improvvisamente, in un momento di profonda crisi poetica. Non potendo stendere la mano, per sfamarsi, ha pensato che non c’era niente di meglio che colpire al cuore il sistema delle multinazionali.
Michail Alexandrovic ha approvato quella decisione. Anche lui è impaziente di avere tra noi il barbone. Il poveretto si è messo a rubare galline in un mastodontico centro di allevamento di pennuti, gestito, appunto, da una multinazionale.
Il barbone ci deve perdonare. Era intento a mangiarsi beatamente la gallina che, tra l'altro, faceva anche schifo, trattandosi di un tipico prodotto da subingrasso capitalistico.
All'improvviso ha avuto la sorpresa. di veder scomparire metà del pennuto, passabilmente arrostito.
Attraverso la consueta tecnica dell'apporto-asporto, abbiamo recapitato metà del corpo del reato sul tavolo di un giudice. Lo stesso che aveva assolto il direttore generale della banca.
Il magistrato ha trovato anche dati identificativi e le impronte digitali del nostro barbone. Tutte le schiaccianti prove sono state da noi gentilmente fornite.
Il solerte custode del diritto ha organizzato seduta stante una colossale caccia all'uomo. È riuscito in breve ad aver ragione del pericoloso malfattore. Il poveretto è stato colto sul fatto mentre, di notte, eludendo una vigilanza severissima, si apprestava a portare ad effetto uno dei suoi colpi.
Processato immediatamente, il barbone è stato condannato ad una pesante pena pecuniaria e detentiva.
Il giudice, che aveva deliberato nel caso del direttore generale, ha infatti ritenuto questa volta che: “Non si è in presenza di un comune ladro di polli, figura mitica e leggendaria, che muove a simpatia e compassione nella nostra società dei consumi opulenti. Non abbiamo di fronte un individuo che, eludendo la difese del singolo contadino, ruba dal pollaio una gallina. Perché questo non è un semplice furto. Qui c’è tutto un piano premeditato, tendente a scardinare le basi ideali della nostra società. L’imputato, riducendosi con coscienza e volontà in miseria, ha creato il suo stato di bisogno. Per soddisfare il bisogno, lui, che aveva buttato all'aria qualsiasi opportunità di lavoro e di guadagno, si è introdotto subdolamente nei meccanismi di produzione di una grande impresa che, in tutto il mondo, crea pane, lavoro e polli arrosto.
Signori, rubare un pollo qualunque è furto, rubare, invece, lo stesso pollo, quando è figlio di un processo industriale, è un atto rivoluzionario, e come tale va punito.
Il fatto, poi, che la prove del misfatto ci siano pervenute in maniera strana, diabolica, come ha osservato l'avvocato d’ ufficio, non cambia nulla. Perché la giustizia, se è vera giustizia, si avvale di qualsiasi mezzo, pur di arrivare alla verità.”
Michail Aleksandrovic è molto contento di come sono andate le cose. Sono venute finalmente a galla le contraddizioni dalla giustizia borghese.
Già, ma di questo a nessuno importa niente, ed il povero barbone, che aveva scelto la libertà pagando di persona, ora si trova in galera.
Peppino è incazzato nero, e, per il momento, non vuole sentire parlare del fatto del nostro amico barbone.
Peppino, per cambiare discorso, mi ha indicato uno con aria da grande gaglioffo che a più riprese, incontrando altri individui con facce equivoche come lui, si immergeva in fitti conciliaboli, facendo bene attenzione che nessuno lo potesse sentire. “È un massone” mi ha detto Peppino. “Pare che qui siano potentissimi, direi quasi onnipotenti, se mi si passa il termine. Dietro ogni trama oscura ci sono loro. Ma se vengono sorpresi con le mani nel sacco dicono che loro non c'entrano e che responsabile è un'entità metafisica chiamata 'massoneria deviata' ".
Anche Dio, nella sua versione più autenticamente liberale, voleva iscriversi alla loggia "Aldilà 3578", ma non è stato ammesso, la sua domanda è ancora pendente. Alle sue vive rimostranze: “Io sono il Grande Architetto dell'Universo”, il Gran Maestro, insieme al Gran Oratore, al Gran Tesoriere, al Gran Tegolatore, al Gran Cancelliere, al Gran Guardiano del Gran cesso della Gran Loggia hanno risposto all'unisono: "Ma sei sicuro che sei anche l'Onnipotente? Hai veramente le mani in pasta dappertutto?"
Le ultime notizie di corridoio dicono che il povero Grande Architetto abbia presentato domanda di ammissione all'Opus Dei, contando sul fatto che Lui lì entra nel marchio di fabbrica.
Ingenuo! Anche lì sarà difficile, quasi impossibile entrare. Lì per di più sono anche finissimi teologi. E uno gli ha, infatti, detto. "È più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che..." "Che c'entra?” ha detto Lui arrabbiandosi. "Scusa tanto, ma chi ha inventato la teologia? Hai voluto la bicicletta?"
Hanno riportato Stendhal in deliquio, sopra una barella. "Ma che gli è capitato?" ho chiesto a Peppino. "Tu sai che soffre della sindrome omonima. Ha voluto fare una rimpatriata, un gran tour in Italia e ha visto città ridotte a cessi da una speculazione che non si arresta mai, gente maleducata, ignorante, senza virtù,incapace di educare i figli, tutta intenta a fare prestiti e a vendersi la madre per comprare ninnoli tecnologici e televisori al plasma che non fabbricano, coste devastate, mari sporchi, un territorio sconvolto da autostrade, strade, linee ferroviarie ad alta velocità, una classe dirigente di imprenditori disonesti, politici corrotti e imbecilli, un popolo beota pronto ad obbedire al primo stronzo con un'antenna in testa, reso ancora più mentecatto da televisioni orripilanti, una lingua corrotta da parole inglesi dette a sproposito e infilate a cazzo dappertutto. E che vuoi, che a Stendhal, dopo aver visto il paese più bello del mondo, non gli venisse una sincope?"
"Come la capisco" ha detto il maresciallo Josef Radetzky a Stendhal. Il maresciallo Josef Radetzky ha fatto un'eccezione, perché, di solito, se non gli suonano la marcia non parla. Ma se gliela suonano è un torrente in piena. Con il suo spiccatissimo accento tedesco, dice torrenzialmente, coprendo la musica: "Ma quelli stanno ancora a credere a tutte le stronzate del cosiddetto risorgimento italiano. Oggi nei libri di storia italiani vengo considerato un metodo per far smettere di fumare. Altro che cerotti e gomme da masticare alla nicotina. Fate occupare l'Italia dall'esercito austriaco e avrete risolto per sempre il problema del tabagismo. Gli italiani non hanno più le virtù di quando erano divisi in cento stati diversi. Avevate detto che il risorgimento era per liberare l'Italia dalle truppe straniere. Ma avete contato quante basi americane ci sono oggi in Italia? E quelli vi pisciano pure in testa. Noi non lo facevamo. Non avevamo i mezzi delle guerre stellari. Quel Garibaldi poi. Dite di essere contro la pedofilia e avete messo statue di quel grande molestatore di servette - bambine in tutte le piazze d'Italia!"