Diario dell'entità Ilario / 5
data ultramondana 345699/89
da "Papà è nel tavolino" / 7
Ho parlato con Peppino. Gli ho spiegato quale operazione voglio fare. Voglio partire dal nostro microcosmo lavorativo, dalla banca, anche se esso è completamente degenerato, dopo la nostra uscita, a causa della globalizzazione. Non conoscendo, infatti, altra realtà, desidero tirar fuori delle realtà universali che possono tornare molto utili per una comprensione generale dell'attuale momento politico ed economico.
Nessuno dei soloni di quassù ci sta però a sentire. Sembra che abbiano la puzza sotto il naso. Come spiriti siamo considerati dei parvenu.
Abbiamo deciso di dimetterci dall'Accademia dei disincarnati. Peppino ha detto che da oggi (terrestre) in poi faremo da soli.
“Sai - mi ha confessato il mio amico - un po’ li compiango questi uomini illustri. In certi casi è preferibile la nostra posizione di morti completamente ignorati dalla storia. Prendi un grand'uomo. Muore. Si ricordano di lui. Passa il tempo e gli intitolano una strada, poi una marca di sigarette, una qualità di vino, se è proprio sfortunato una miscela di liquori che si agita in un bicchierone.
Il poveretto ritorna sulla terra e passa sulla strada che gli uomini gli hanno dedicato. Roba da scappare. La puzza delle macchine, l’immondizia che straripa dai contenitori, gli spacciatori di droga... Che impressione!
Vuoi mettere, invece, uno come te o come me. A nessuno verrà in mente di farci il torto di dare il nostro nome non dico a una strada, ma neanche a un vicolo.”
Ribollo di sdegno. Le nostre dimissioni sono state praticamente accettate. Quasi quasi mi reincarno in un pericoloso rivoluzionario. Non posso. Ho famiglia.
Peppino ha letto con molta attenzione le rivelazioni degli spiriti. Si tratta di questo: molti colleghi trapassati, nel corso di alcune sedute, hanno ritenuto di rivelare agli uomini lo stato delle cose ultraterrene. I viventi hanno diligentemente trascritto le confessioni ed hanno facilmente trovato un editore disposto a stampare il tutto. Peppino mi assicura che si tratta di testi barbosissimi. Non c’è il minimo di ironia o di senso dell’umorismo. Secondo me lo spirito superiore si manifesta, invece, proprio con l’ironia ed il senso dell’umorismo.
Per consolarlo gli ho detto che, forse, la pubblicistica sul mondo delle anime, cambierà quando quassù salirà un giornalista onesto. Ne vedremo delle belle, ma non le vedremo mai. Peppino aspetta fiducioso. Ci aspettiamo, comunque, che scoppino scandali anche quassù. Tutto è possibile. Il fatto è che l’essere umano è sommamente umano. Mi chiedo come tale involucro imperfetto possa contenere un’anima imperfetta. Girerò la questione a Sant'Agostino e a San Tommaso. Già immagino che gli interpellati non mi risponderanno o, tutt'al più, mi manderanno a dire che le donne non hanno un’anima.
Qui conduciamo una vita molto ritirata. Non godiamo di molta considerazione in quest'ambiente immutabile, codino e reazionario. Abbiamo stretto amicizia, Peppino ed io, con un altro disincarnato che vive praticamente ai margini. Si tratta di Michail Aleksandrovic Bakunin.
Peppino ha già fatto alcune scorribande con lui. Vanno, naturalmente, alle sedute spiritiche.
Peppino, dopo aver letto su un giornale popolare che l’erede al trono d’Inghilterra va matto per le manifestazioni soprannaturali, ha organizzato qualcosa di molto carino. Si è presentato, insieme a Michail Alexandrovic a una seduta organizzata dal principe. Peppino ha potuto, finalmente, assumere con soddisfazione, le vesti di Nostradamus, mentre Bakunin impazziva di gioia impersonando il Lord protettore Oliver Cromwell.
Insieme hanno profetizzato al principe cose terribili. Ci sarà in Inghilterra una rivolta antimonarchica, organizzata da un quotidiano ultrapopolare, in un momento di mancanza assoluta di notizie piccanti sulla vita privata dei reali. Quindi il pretendente sarà decapitato sulla pubblica piazza, per la gioia dei fotografi, delle televisioni commerciali e dei turisti, che cominciano a scocciarsi di assistere al cambio della guardia a Buckingham Palace. Il povero principe che, in fondo, è un bravo ragazzone, si è messo a piangere ed è corso tra le braccia della madre.
Tenteremo un approccio di interpretazione politica al microcosmo nel quale abbiamo lavorato Peppino ed io. Ci avvarremo della consulenza dell’illustre Bakunin. Michail Aleksandrovic ha praticamente perso tutte le battaglie della sua vita. Sta con gioia dalla nostra parte.
Abbiamo deciso di partecipare ad una seduta del consiglio di amministrazione. La banca multinazionale è un fortilizio, specialmente da quando c’è un nuovo direttore generale. Costui si è fatto le ossa in banche di affari americane e ha lavorato anche in quelle agenzie che, non si sa in nome di quale divinità, danno i voti sullo stato finanziario di stati e imprese. Ha combinato molte schifezze in posti diversi, precedentemente, uscendone sempre immacolato come un giglio. Ha comunque, paura per la sua vita perché teme che qualcuno dei compari dei vecchi loschi affari, da lui precipitosamente mollato al punto giusto, voglia vendicarsi.
Fortuna che siamo defunti e puri spiriti, altrimenti sarebbe stato impossibile penetrare nel salone delle adunanze. Ho dovuto calmare Peppino che voleva esibirsi nel numero del duca decollato, con gli accessori di catene e di lamenti lugubri.
Il direttore generale, come carica, ha un nome d'arte in inglese, ma a me fa schifo l'inglese e, quindi, non lo riporto. Ricordo, qui, per inciso, che oggi tutti quelli che vogliono fare fortuna devono avere un nome d'arte in inglese. Il direttore generale ha studiato alla scuola di Chicago e al casinò di Montecarlo, che è il lato in fondo più buono e interessante della finanza creativa. Nessuno, che voglia seriamente accostarsi agli strumenti finanziari, può fare a meno di studiare a Montecarlo per almeno tre anni e lui in quel casinò c'è stato sei lunghi anni.
La seduta era nel vivo quando siamo entrati. Si discutevano pratiche di concessione di finanziamenti. Ciascun consigliere ha perorato la causa di un cliente dal quale riceverà, in caso di buon esito, una lauta tangente. Il direttore generale non ha preso partito per nessuno. Ha lasciato fare gli altri. Sa benissimo cosa c’è dietro ogni interessamento. Così, quando si tratterà di cavoli suoi, gli altri dovranno, a loro volta, lasciar correre.
Al segnale convenuto, Peppino ha abbassato le luci. Abbiamo indotto in stato di trance tutti i presenti. Non erano intorno ad un tavolino a tre gambe, pazienza. Si trattava, infatti, di un bellissimo e lunghissimo tavolo di pregiato legno massiccio, ricoperto di pelle finemente lavorata. La cosa è andata avanti ugualmente bene.
Il direttore generale ha letto uno degli ultimi capi all’ordine del giorno, deformato dalla nostra volontà. Ha detto testualmente: “Se ci sei, batti un colpo.” Peppino ha eseguito.
Il direttore generale come ladro e corruttore è un asso, ma come medium non vale quatto soldi. Il torpore lo ha deformato e lo ha reso ancora più disgustoso. “Nonna Zoe, sei tu?”» ha chiesto con apprensione. L'ava, che aveva doti di intuito, aveva capito dove sarebbe andato a parare il nipotino e, metodicamente, lo prendeva a calci.
Peppino si è subito presentato come il fondatore della dinastia di miliardari americani Pickpocket ed ha esibito le sua credenziali: “Ho fatto piangere molte vedove e molti orfani."
Io mi sono presentato come un eminente strozzino del paese natale del direttore generale, che aveva insegnato a quest'ultimo tutti i segreti dell’arte.
Il capo della banca, sempre nel suo stato di torpore, ha sorriso in modo disgustoso. “Oh, meno male, ho a che fare con altri eminenti banchieri.”
Ha una grande opinione di se stesso.
Peppino è stato abile, insinuante, capzioso. Sempre facendo la parte di Pickpocket ha detto: “Maestro, tu sei un maestro. Mi permetti di chiamarti maestro?”
Il direttore generale è andato in brodo di giuggiole. Io ho fatto la mia parte di strozzino bene educato. L’ho rimproverato aspramente, perché nella sua banca si applicavano tassi di interesse troppo bassi, anche se, ho convenuto benevolmente, le commissioni e gli extra erano da rapina. Gli ho ricordato che io, suo antico maestro, gli avevo insegnato che il venti per cento bisogna prenderlo su base settimanale.
“Non posso, non posso - si è scusato - ho delle regole da rispettare. ”
Michail Aleksandrovic Bakunin ha, a questo punto, come concordato, acceso un registratore. Intanto, Peppino ha provocato un più grande stato di torpore nei consiglieri presenti.
Ognuno degli uomini dabbene ha, obbedendo ad un bisogno irrefrenabile, preso carta e penna. Quindi hanno cominciato a scrivere tutte le malefatte della loro vita.
Hanno iniziato da quando, bambini precoci, rubavano marmellata dalla dispensa ed hanno terminato con le loro attuali imprese. Queste ultime consistono nel taglieggiare fabbriche di marmellata, se queste vogliono ottenere finanziamenti e nel vendere alla clientela raffinati strumenti finanziari basati sul vuoto pneumatico, cioè su barattoli di marmellata inesistenti.
Peppino ha controllato che le fluviali confessioni recassero data e firma.
Nel frattempo, il direttore generale ha spiegato come si fanno i quattrini in modo veramente pulito ed è partita una confessione fiume.
Mentre il registratore era al lavoro, ci siamo concentrati sul consigliere di amministrazione più imbecille e, quindi, più ricettivo. Il malcapitato ha riprodotto, mettendo le dita nella polvere di grafite, copie di ricevute, bollette ed altri documenti compromettenti. Si tratta di una mia invenzione assoluta: le copie fotostatiche medianiche.
La scoperta apre, ne sono sicuro, nuovi orizzonti alle sedute spiritiche.
Ne ho parlato con Dante Alighieri. “Maestro - gli ho detto - non sarebbe interessato ad un nuovo ritrovato che potrebbe consentire di regalare agli umani, anche se in copie fotostatiche, l'originale del suo capolavoro?”
Finalmente ho trovato uno che risponde, anche se ha detto che della cosa non gliene fregava proprio niente. Non so se per mancato riguardo verso di me o verso i posteri.
Quando anche la confessione registrata è stata pronta, insieme alle prove documentali, abbiamo dichiarato ufficialmente chiusa la seduta spiritica.
Il consiglio di amministrazione si è ripreso in blocco dalla trance ed ha ricominciato il suo operoso lavoro di taglieggiamento.
Abbiamo commesso degli errori. Non ci siamo ripresi il registratore, uno dei primi modelli, ed abbiamo lasciato impiastricciato il consigliere fotocopiatore. Non abbiamo neanche prelevato la polvere di grafite.
Peppino, per conto suo, ha voluto strafare. Non gli dò alcuna colpa. Si era contenuto anche troppo. Si è messo a girare intorno al tavolo, facendo il numero del duca di Winchester, che gli viene così bene.
Il rumore di catene trascinate ha dato su ai nervi dei finanzieri. Sono tutti scappati. Solo il direttore generale si è mantenuto calmo al suo posto. Ha cercato, anzi, di intavolare una proficua trattativa con Peppino: “Ogni cosa ha un prezzo. Dimmi, spirito tormentato, di quanto hai bisogno per sottrarti ai tuoi infernali castighi?”
Peppino stava per usare le catene. Sono riuscito a trascinarlo via.
Siamo corsi di filato nel nuovo posto dove abitano i miei.
“Ho degli amici con me” ho detto a mia moglie.
Lucilla, ormai, accetta il mio stato con la massima naturalezza e mi ha chiesto se gli amici sarebbero rimasti a cena. Ho presentato Peppino e Bakunin ai ragazzi.
Michail Aleksandrovic è un nonno eccezionale ed ha un modo tutto suo di narrare storie favolose di rivoluzioni andate a male e di storiche occasioni perse dalla classe operaia.
I miei figli ci hanno aiutati con entusiasmo. Siamo riusciti ad avere, in breve, numerose copie del materiale ricavato dalla seduta presso il consiglio di amministrazione della banca. Siamo ritornati in città ed abbiamo inondato con le nostre prove stazioni di polizia, magistrati penali e redazioni di giornali, settimanali e mensili.
Siamo rimasti giorni e giorni terrestri ad attendere la notizia bomba dell’arresto del direttore generale e dell’intero consiglio di amministrazione della banca. Niente. Abbiamo allora condotto delle indagini. Risultato dalle stesse:
Il direttore generale si era molto insospettito per il numero di Peppino, per il vecchio registratore, per la polvere di grafite e per le mani impiastricciate del suo consigliere.
Quando aveva prontamente ricevuto notizia, da parte delle stazioni di polizia, dei giornali e dei giudici delle prove che testimoniavano contro di lui ed i consiglieri, aveva collegato le cose.
Aveva comprato tutti quelli che erano venuti a conoscenza della vicenda. Aveva, infatti, deciso di uscire a testa alta da quella storia.
C'era stata, quindi, una sentenza istruttoria di ampio proscioglimento, nella quale l’estensore ha così considerato: “Il fatto che si siano trovati prove ed elementi tanto precisi, circostanziati, verificabili e facilmente collegabili induce al sospetto.
Possibile che un uomo, così attento, intelligente, di profonde e vaste conoscenze, anche in inglese, come il nominato direttore generale si metta a fare confessioni registrate e vada in giro a lasciare prove così convincenti?
Anche se si argomenta che la confessione è vera e le prove sono vere, allora si deve fondatamente supporre che si è in presenza dell’opera di spiriti diabolici. La giustizia umana deve avere un suo stile, e deve, quindi, considerare inesistenti le prove ottenute per via medianica, che svelano ciò che è naturalmente riservato.”
Anche i consiglieri sono stati perseguiti, e poi prosciolti, più o meno per le stesse ragioni.
Peppino ed io sorvegliamo le nostre tombe. Siamo gli impiegati morti più di recente nella banca e credo che qualcuno ci abbia individuati come autori di un certo scherzo. Il nostro sa essere vendicativo. Certi suoi amici potrebbero a loro volta farci lo scherzo di buttare le nostre bare in mare. Io non ci tengo. Peppino, invece, ha sempre curato molto il suo aspetto fisico.