Diario dell'entità Ilario / 6
data ultramondana 345699/95
da "Papà è nel tavolino" / 8
Abbiamo ritirato le dimissioni dall’Accademia dei disincarnati. Ci siamo dichiarati scissionisti ed abbiamo costituito il circolo anarchico "Michail Aleksandrovic Bakunin": Presidente: Michail Aleksandrovic Bakunin. Segretari generali: Peppino ed io.
Peppino è stato affrontato con molta durezza da Napoleone (quello vero). Il Bonaparte è venuto a sapere quello che il mio amico ha combinato sotto l'imperial nome.
Peppino ha risposto quietamente che non pensava di commettere un atto illecito, ritenendo che i diritti di sfruttamento del nome "Napoleone" fossero decaduti da moltissimo tempo.
Ma la questione dei diritti d'autore non è così semplice come pensa Peppino. Infatti, il fenicio che ha inventato l'alfabeto passa l'eternità a strappare con rabbia e rancore giornaletti di Topolino. Aveva saputo che il congresso americano voleva portare a 2500 anni il diritto d'autore su Topolino e, se tanto mi dà tanto, aveva chiesto che gli venisse riconosciuto, con gli arretrati, il diritto di sfruttamento economico sulla sua invenzione, un centesimo a lettera. Non aveva avuto risposta, ma era stato mandato a Guantanamo in quanto pericoloso terrorista mediorientale.
Nella città dove ha sede la banca sono corse voci intorno a quello che è successo in quel famoso consiglio di amministrazione. La città ufficiale, quella che conta, ha sentito il dovere di chiedere scusa e di far sentire la sua doverosa solidarietà al direttore generale. Il valent'uomo aveva patito un affronto immeritato.
Ci siamo presentati al congresso “Il futuro delle città - C’è un futuro per le città?". Abbiamo proposto di istituire esami di ammissione, un albo ed un numero chiuso per i fondatori di città.
Il fondatore di Pompei è uno dei più soddisfatti. In fondo, il suo unico problema è la conservazione. Mostra di avere le idee molto chiare: per un futuro ordinato delle città lui vede solo cenere, lapilli e tanta lava.
C’è stata, dunque, la cerimonia di riconciliazione tra la città che conta ed il direttore generale, gravemente offeso dagli estremisti del circolo Bakunin. Il pretesto è stata la presentazione ufficiale di un libro “La città del futuro - Quale futuro per la città.” Il titolo mi ricorda qualcosa.
Osservo, comunque, che sulla terra l' ottimismo non è morto.
Non potevamo mancare, naturalmente, al ghiotto incontro culturalmondano. Ci siamo presentati Peppino, io e Miscia (cioè il carissimo Michail), negli abiti di paggi settecenteschi, completi di parrucca bianca. Per la grande occasione, ci siamo completamente materializzati. Il direttore generale ci ha guardati in modo strano. Forse ha avuto qualche sospetto. Tutto si può dire del grande lestofante, ma si deve riconoscere che è dotato di un finissimo intuito.
Peppino ha avuto una trovata geniale. Ci siamo messi sullo scalone di marmo che porta al salone delle adunanze della banca, dove si è svolta la festa. Abbiamo spento le lampade elettriche ad abbiamo fatto luce con dei preziosi candelabri, che abbiamo tenuto in mano.
Accidenti, come pesavano.
Il direttore generale si è disposto sulla soglia del salone. Qui ha ricevuto l'omaggio ed il bacio dei potenti della città, Il cardinale, tra i primi, lo ha baciato e lo ha benedetto.
“Coraggio figliolo, le forze diaboliche sono state sconfitte. Manderò un esorcista per evitare che certe brutte cosa si ripetano.”
Il sindaco, che ha il vago a vacuo aspetto di un gagà del tipo di quelli che furoreggiavano decenni addietro, ha baciato il banchiere calorosamente. È stato commovente assistere a quelle dovute manifestazioni di omaggio.
Il pezzo forte eravamo noi, con il nostro naturale colorito cereo, che mandava una luce spettrale sugli invitati, che baciavano e rendevano omaggio all'offeso. Ci sono stati veramente tutti: i direttori dei giornalacci locali, nazionali e mondiali, una delegazione della banca mondiale, magistrati, amministratori locali, deputati, affannati e compassati manager, attivi nel campo dell'import-export della droga e delle armi, speculatori edilizi, uomini di cultura e giornalisti un tanto al rigo, avvocati e sindacalisti.
Quando tutti sono entrati, abbiamo abbandonato candelabri e candele e ci siamo precipitati all'interno.
La scena, dentro al salone, era confortevole: tante isolette costituite da divanetti sui quali si erano già accomodati gli invitati. Sul sofà più in vista c’ era lui, il banchiere. La sua forza, come al solito, era quella di saper fare benissimo il gallo sull'immondizia. Ha afferrato il microfono, ha aperto la sua larga bocca ed è stato sul punto di mangiare l'attrezzo. È un impudente. È capace di intrattenere l' uditorio su qualsiasi argomento dello scibile umano. Sa fare cultura.
Provvidenzialmente, siamo intervenuti noi. Abbiamo puntato sul buffet, abbiamo afferrato le guantiere ed abbiamo cominciato a girare tra i divanetti. Gli invitati si sono buttati su di noi e sulle delicatezze. La gente ha afferrato tartine, crocchette, spumoncini, pasticcini, pizzette.
Ognuno dei presenti diceva, rivolto a quello di commestibile che aveva afferrato nelle mani prensili: “Non mi piaci, non sono d’ accordo” e, subito dopo, mandava giù.
Per un bel po’ è stato tutto un allegro crocchiare. Ad un certo punto, i vassoi sono apparsi desolatamente vuoti.
Il direttore generale ha mandato giù, in un solo boccone, le ultime cinque crocchette di cui è ghiottissimo. Ha strabuzzato gli occhietti di rospo ed ha fatto di nuovo per mangiare il microfono. È stato impedito anche questa volta.
Abbiamo trascinato, infatti, nella sala dei preziosissimi strumenti antichi, che abbiamo prelevato, con la tecnica dell’asporto, da un museo locale. Abbiamo prodotto rumori strazianti.
La gente, satolla ed intontita dai liquori, ci ha lasciati fare. Il nostro ci avrebbe uccisi seduta stante, se non ci fossero stati tanti testimoni.
Il cardinale ha osservato: “Anche della bella musica Bene, bene, è bello vedere che una banca fa cultura.” Il direttore generale ha abbozzato.
Sugli strumenti abbiamo disposto degli striscioni “Trio Excelsior”. Abbiamo attaccato, subito, con la briosa Sonata in C di Wolfgang Amadeus Mozart.
Siamo, quindi, passati al nostro pezzo forte: la Musica per i reali fuochi d’ artificio. Peppino si è premurato di spiegare allo sceltissimo uditorio che si sarebbe trattato di un’esibizione di musica concreta. Tutti hanno annuito.
Già dalle prime note, la musica si è, infatti, concretizzata. Per certi diabolici sortilegi messi in opera del circolo Bakunin, dagli strumenti sono cominciati ad uscire girandole, bengala e veri fuochi d’ artificio.
I razzi volavano rasoterra tra le gambe degli illustri invitati, che scappavano in ogni direzione senza riuscire a salvarsi. Abbiamo, infatti, chiuso tutte le porte.
Mentre la musica continuava ad andare per conto suo (siamo o non siamo spiriti?) abbiamo abbandonato le postazioni musicali. Peccato che quella gente, ormai impazzita, non sia stata in grado di apprezzare la finezza dei nostri successivi atti.
Con l' abilità di consumati illusionisti, abbiamo tirato fuori dagli strumenti, a getto continuo, torte ed altre delicatezze alla panna. Abbiamo inesorabilmente colpito gli intervenuti.
Nel salone il caos (se possibile) è aumentato. Non si poteva neanche respirare (per chi aveva questi problemi) per via dei fuochi di artificio.
Finalmente, qualcuno ha avuto l'intelligenza di aprire i finestroni. Sotto il palazzo erano appostati i pompieri, richiamati degli scoppi e dal fumo. Gli invitati si sono buttati sui teloni ed hanno, così, abbandonato la brillante riunione culturale.
Il direttore generale, che aveva un fazzolettone a quadri sulla bocca, ha voluto constatare che i teloni funzionavano. Ha fatto buttare giù la segretaria e, poi, si è precipitato giù anche lui, dopo aver urlato che ce l'avrebbe fatta pagare.
Siamo rimasti un po' da soli nel salone. Abbiamo eseguito, per favorire la nostra elevazione, una parte dell'Alleluja di Haendel. Dopo di che ci siamo involati, beati, nel più alto dei cieli.