Universale Remedium
III
Tramma aveva fatto il suo ingresso al rallentatore, incurante degli sguardi curiosi dei commensali. Aveva avuto tutto il tempo per rendersi conto dello stato dei luoghi. Fissò la sua attenzione sull’arredamento, impregnato di reminiscenze vittoriane. Gli insulti del tempo e la precarietà della situazione facevano trasparire da ogni oggetto, tarlato, sbrecciato, lesionato, spaiato, una sensazione di sfacelo imminente. Uguale sentimento ispirava l’anziana padrona di casa, che dimostrava la stessa età indefinibile di una mummia. Tramma fu scrutato a lungo da due occhietti severi, aiutati nella loro opera inquisitoria da un occhialino ridotto in condizioni pietose.
«Mi scuso» fece Tramma «non ho saputo resistere alla curiosità. Sono andato a visitare Pompei di buon’ora. Contavo di farcela, ma il luogo è tanto interessante che si perde la cognizione del tempo»
«Avrà tempo, ispettore. Se le mie informazioni sono esatte, per un lungo periodo non avrà molto da fare, mio caro. Per quel che so, un deplorevole incidente, nella sua ultima indagine, le è costato la perdita del posto. Non che sia stato buttato fuori da New new Scotland Yard. In quei luoghi hanno ancora una certa gentilezza di modi, nonostante i tempi calamitosi. Lei è stato messo in vacanza a tempo indeterminato. Il suo errore è stato quello di andare a ficcare il naso in faccende che non la riguardavano. Quella tale indagine era stata conclusa dai suoi superiori con una ineccepibile versione falsa. Perché andare a cercare, come ha fatto, una versione vera, ma sgradevole, che coinvolgeva il mondo dei potenti? Spero che non adotterà lo stesso metodo di comportamento anche qui. Abbiamo regole molto precise e rigorose alla Red Pompeian House. Solo a me è dato di derogare. Si sarà accorto che amo parlare molto chiaramente. È una prerogativa della mia età, intollerabilmente avanzata secondo il punto di vista, inespresso, dei presenti».
Tramma fece un cenno della mano e stava per pronunciare qualche gentile parola di circostanza, ma fu subito interrotto dall’anziana signora, che rispondeva al nome di Celia Selfridge.
«No, non cerchi di dire che non è vero. Lei è qui da pochissimo tempo. Ancora un giorno, e poi imparerà anche lei ad odiarmi come tutti quelli che siedono intorno a questo tavolo». L’ultima constatazione la mise di buon umore. Fu presa da un’irrefrenabile risata asmatica, che pareva non avesse mai termine. Quelli che erano seduti intorno al tavolo alzarono gli occhi dal piatto, smettendo di mangiare. Erano molto interessati all'andamento dello scoppio di buon umore di Celia Selfridge.
Ad un certo punto, non si capì se la donna stava ancora ridendo o se all'ilarità fosse succeduto un qualche stato patologico. La vecchia sibilava, ragliava, gorgogliava. Sotto il denso strato di cosmetico che le copriva il volto, il colorito si era fatto cianotico.
«Ma nessuno interviene qui» disse Tramma, sinceramente preoccupato. L’ispettore fece per lanciarsi verso la porta, per andare a chiedere l’aiuto del personale di servizio. Fu, però, provvidenzialmente preceduto da Pat. La capraia, smesso il rustico abbigliamento di prima, si era acconciata con un vestito consumato e rattoppato, ma pulito, da cameriera. Pat, camminando lentamente, arrivò alle spalle della Selfridge e le diede un’energica manata sulle spalle. Fu subito silenzio, rotto da un grido di dolore della cameriera, per via di quei maledetti geloni.
«Vedo che c’è qualcuno che le vuole bene» fu la deduzione di Tramma. Sebbene fosse a riposo, aveva il cervello ancora allenato a trarre conclusioni.
« Non si faccia illusioni, ispettore » riprese la donna con una voce che, ora, sembrava venire dall'oltretomba. «Pat mi odia, né più, né meno degli altri. Anche lei vorrebbe vedere la fine della mia esistenza. Ma, se morissi, la Red Pompeian House chiuderebbe e la cara Pat non riceverebbe più un regolare salario. Non è vero, mia cara?» La Selfridge guardò apprensiva la domestica, da dietro l’occhialino.
La cameriera annuì con un'espressione rustica, ma sufficientemente espressiva.
Celia diede un profondo sospiro e, con tono quasi trionfante, ora che la voce era diventata normale, riprese le sue meditazioni pubbliche. «Cosa le dicevo, ispettore? Lei è nuovo di qui. Tutti mi odiano. Questo mi dà un senso di sicurezza. Ma si accomodi, è ancora in piedi. Non vede che gli altri pensionanti, non appena si sono resi conto che non sarei morta, hanno ripreso tristemente a consumare la colazione? No, non lì, ispettore. Quello è il posto riservato a Petruchio, un altro ospite. Non so se conosce quell'attore, un po’ trombone. È un indigeno di questi posti. Calcava le scene nella città che, prima della glaciazione, si trovava dove è ora New London, la nostra rinata capitale.
È stato preparato un altro posto per lei, vicino a Waldo Dodge, eminente poeta fallito».
«Già ho avuto la fortuna di conoscere il signor Dodge, molto presto, negli scavi». Tariq si morse il labbro. Si era reso conto troppo tardi di aver violato la consegna del poeta.
«Allora, ha già conversato con il nostro poetastro. All'inizio è molto espansivo con i nuovi arrivati, poi diventa un animaletto dispettoso.
Ispettore, so della sua predilezione per il latte di capra. Qui capita bene. Ho già disposto che un boccale del suo latte preferito sia sempre a tavola durante i pasti. Se vorrà berne dell’altro, dovrà pagarlo a parte, come extra».
Si fermò per un istante e diede un breve raglio. Poi si rivolse a Pat, che era rimasta impalata al suo fianco. «Porta via le ginestre. Il loro profumo mi fa male. Ha un’influenza decisamente negativa sulla mia respirazione».
La cameriera, di malagrazia, radunò i vasi che contenevano le ginestre. Tutti si mostrarono indifferenti, tranne Tramma. Il poliziotto si rese subito conto che le ginestre erano delle pessime imitazioni in plastica e stoffa. D'altrondede, i fiori, una volta tipici di quei posti, non avevano più la possibilità di vegetare, date le mutate condizioni climatiche.
Sulla tavola vi erano numerosi grandi piatti, dai quali i commensali attingevano senza restrizioni. Alla Red Pompeian House si consumava un'abbondante colazione all'inglese. Tramma non sembrava fare onore alla tavola. Imburrò un crostino e si diede a bere di gusto latte di capra contenuto in una smisurata brocca.
«Ispettore, la vedo assorto in certi suoi pensieri. Da brillante uomo di New new Scotland Yard, quale è stato, si sarà certamente detto che la retta che chiedo ai miei ospiti è veramente un’inezia, che non copre neanche le spese.
Non è che sia una vecchia signora in cerca di buoni amici. Come vede, questa è gente di poca compagnia. La ragione è che il ruolo di castellana mi diverte immensamente.
A proposito di divertimento ...». Qui la donna si interruppe maliziosamente. «Mi diceva che, stamattina, ha già fatto conoscenza con uno dei miei ospiti. Ho saputo, infatti, e non dalla sua involontaria ammissione, che questa persona, contravvenendo a tutte le regole, è uscita prima di colazione e si è recata agli scavi da sola. È prescritto, invece, che tutti i pensionanti svolgano insieme le loro attività culturali. La scappatella del signor Dodge già ha creato malumore. Sono sicuro che questo provocherà dei turbamenti nel clima pacifico della nostra piccola comunità. Ma lo guardi. Non avrebbe mai pensato che una persona così delicata, di sentimenti così nobili, potesse ingozzarsi in un modo così vergognoso. L’opera letteraria più importante di Waldo Dodge è un poema dedicato a “uova e pancetta”. Anche se, prima che venisse qui, ne aveva solo una vaga reminiscenza. Sa, quel tipo di sensazione che permette ai poeti di scrivere le loro cose più significative».
Tramma cominciava a trovare la situazione abbastanza interessante. Come accadeva nei suoi migliori momenti di tensione cerebrale, tracannava quantità considerevoli di latte di capra. Quando ne ebbe bevuto anche l’ultima goccia, l’ispettore ebbe una leggera espressione di disappunto. Celia Selfridge allontanò ed avvicinò l’occhialino, fino a che tutto non fu perfettamente a fuoco.
Pat, porta un’altra brocca di latte all'ispettore. Segna sul suo conto. Sulle bevande consumate faccio una questione di principio. Sul resto non lesino. Sto dilapidando un patrimonio per dar da mangiare a questi signori. Il poeta Waldo Dodge potrà confermarglielo».
Tariq prese ad osservare l’intellettuale, che era oggetto continuo delle attenzioni di Celia. L’uomo sembrava completamente sordo ed insensibile a tutto quello che lo circondava, intento com’era ad imburrare fette di pane e a gustare uova e pancetta. L’occhio esercitato di Tramma riuscì, però, a scorgere rapidi movimenti sul volto e tremolii delle mani, subito repressi.
Tramma dette un’occhiata in giro e si soffermò brevemente sulle altre persone che consumavano la colazione. L’attenzione di tutti sembrava esclusivamente polarizzata su marmellate, tartine, panini e salumi. Tariq ebbe, però, la sensazione che tutti seguissero attentamente le mosse di Celia Selfridge. La donna poteva cambiare, all'improvviso, l’oggetto delle proprie considerazioni.
«Ispettore, la conversazione che ha avuto questa mattina nell'antica Pompei, l’avrà certamente illuminata. Se la sua conoscenza delle capre aveva zone d’ombra, il nostro Waldo avrà senz’altro acceso una potente luce chiarificatrice. Per oggi, lasciamo perdere il povero Waldo. Non merita attenzioni così prolungate da parte nostra». Waldo smise i movimenti a scatto della mascella, e prese a masticare più rilassato, un bel pezzo di pancetta. Gli altri commensali rimasero bloccati, chi con una forchetta, chi con una tartina o un pezzo di pane imburrato a mezz’aria. Quella staticità fu, subito, eliminata dalle parole della padrona di casa: «Si è fatto tardi. Ormai hanno ingozzato quasi tutto. Per oggi il nostro piacevole incontro può dirsi praticamente terminato. Piuttosto, mi spiace di aver dimenticato i miei doveri. Non le ho presentato nessuno. È ora che lo faccia, con le dovute forme. Già conosce il signor Waldo Dodge, poeta, intellettuale, naturalista». Il nominato rispose con uno smagliante sorriso al cenno di testa di Tramma. «Poi, abbiamo la dottoressa Edna Duckworth, medico, specialista in terapie alternative». Una donna magra, sui sessanta anni benissimo portati, ignorò il saluto del nuovo pensionante. «Ah, sì, c’è la signora Mary Bollinger, moglie del signor Joseph Bollinger, rappresentante di prodotti farmaceutici». Una donna bionda, visibilmente agitata perché non riusciva più a padroneggiare, a quel punto della colazione, il suo mal di nervi, ed un giovane di cui si indovinavano, nonostante ogni cura dell’interessato, le origini plebee, abbozzarono un saluto. «C’è anche il maggiore Gordon Abercrombie, che ha comandato a lungo reparti di gurkha e si è coperto di gloria non so dove». Il militare guardò sprezzantemente Tramma e non rispose al suo saluto. «Pura intolleranza razziale» disse la proprietaria e direttrice della Red Pompeian House. «Tipica di un certo tipo di ufficiali britannici. Il suo nome e il suo lieve colorito scuro avranno suggerito al nostro esimio maggiore che lei, ispettore, non è di pura ascendenza inglese. D’altronde, io so che i suoi genitori erano pakistani, anche se è nato nella vecchia, cara Londra, dalle parti di Edgeware Road. O è là che i suoi avevano un negozio? Non ricordo perfettamente. Ma questo è un particolare irrilevante. Perciò, non le chiederò una precisazione. L’importante è sottolineare che lei è stato fatto segno costantemente ad intolleranza razziale, anche presso New new Scotland Yard.
Avrà notato, ispettore, che a tavola c’è un posto vuoto. Di solito è occupato da un altro ospite. Non credo che verrà più. È troppo tardi, ormai, e non è possibile ammetterlo a consumare la colazione. Strano, non è mai mancato una volta. Ha una certa fame atavica non soddisfatta, propria dei suoi conterranei. Appartiene, infatti, alla gente che abitava una volta in questi posti, prima della glaciazione. Anche se vanta una sua lontana discendenza da un pericoloso rivoluzionario inglese. Il nome del pensionante assente è Petruchio, insigne attore e commediografo».
La donna si rivolse, poi, a tutti i presenti: «Dopo aver osservato le regole, procedendo ad una regolare presentazione, posso allontanarmi, con grande soddisfazione. Anche stamattina vi siete scandalosamente ingozzati. Devo dire che solo la dieta lattea del nostro nuovo amico Tramma mi ha favorevolmente impressionato. Il suo passato e le sue maniere me lo rendono estremamente simpatico. È l’unica persona degna, tranne me stessa, ovviamente, che abbia mai messo piede in questo luogo».
Tramma fece un cenno della mano per ringraziare. Solo a quel punto l’ispettore si avvide che, davanti a Celia Selfridge, c’era il vuoto. Solo una tovaglia rammendata, ma pulita e sopra né piatti, né bicchieri. La donna non aveva toccato cibo o bevuto bevande di alcun genere. Mentre Pat portava la sedia a rotelle verso l’uscita, Celia dava sfogo alle sue osservazioni finali:
«Ora, finalmente, posso andare a fare colazione, da sola. Non mi vedrete mai mangiare insieme ad un’accozzaglia così ben riuscita di persone detestabili, tranne l’ispettore, naturalmente.
Ricordati di riportare le ginestre nella stanza da pranzo, Pat».
Ci furono lunghi attimi carichi di teso silenzio, dopo l’uscita liberatoria del tirannico personaggio. Poi, ad un tratto, un grido. Tramma, che era restato pensoso ad elaborare quello che aveva visto e sentito, girò la testa verso l’altra estremità del tavolo. Mary Bollinger era accasciata sulla sedia. Il marito era scattato in piedi come una molla. Sembrava aver perso la testa. Le faceva vento con un fazzoletto, le tastava il polso, le spruzzava sul viso l’acqua di un bicchiere. «Del sale» ordinò con tutto il fiato che aveva in corpo Waldo Dodge, più per scaricarsi della tensione accumulata che per suggerire un rimedio.
«Dei sali, vorrà dire. La signora non è una capra. Vado a prendere immediatamente il mio apparecchio di radiotonia» disse, con distaccato tono professionale, Edna Duckworth.
Joseph Bollinger smise di prendersi cura della moglie, e, con modi istintivi che non nascondevano più nulla dei suoi oscuri natali, precisò: «Non si azzardi neppure a toccare con un dito la mia Mary, dottoressa dei miei stivali. Vorrebbe uccidere anche lei? Non le basta avere in cura quel povero disgraziato di Petruchio? Fuori immediatamente, o non rispondo di me. Dimentico che lei è una detestabile vecchiaccia».
«Me ne vado di mia spontanea volontà. Questo non è il posto adatto per una scienziata ed una signora del mio livello». La dottoressa Duckworth era indignata, ma la misura della sua reazione dimostrava che il suo ambiente sociale di provenienza era ben diverso da quello di colui chel’aveva insolentemente aggredita. «Comunque, è mio dovere curare tutti gli infermi, anche se sono congiunti di autentici mascalzoni. La curerò ugualmente, dalla mia stanza, con il mio apparecchio». La donna si allontanò con tutta calma, dimostrando che il caso, che intendeva trattare a distanza, non era urgente. Intanto il signor Bollinger aveva ripreso ad interessarsi delle condizioni di sua moglie.
Il maggiore Gordon Abercrombie aveva terminato la lettura di un appassionante articolo dell’esperto militare del Times su nuovi equipaggiamenti, necessari a seguito della inclemente situazione climatica causata dalla glaciazione. L’ufficiale si drizzò in piedi e venne a trovarsi sull’attenti davanti al piatto vuoto, come usava fare alla mensa ufficiali, al termine dei pasti. «È un caso banale di svenimento, causato dall’aria cattiva. L’atmosfera è malsana in questo posto infernale. Tutta colpa della glaciazione e di quella tremenda vecchiaccia. I miei gurkha, in questi casi, tagliavano un po’ il pollice e succhiavano per eliminare il sangue cattivo e gli spiriti maligni».
«Il sangue cattivo veniva, poi, buttato via da quello che aveva provveduto a compiere l’operazione?». Domandò interessato Waldo Dodge che, dopo aver completato il trattato sulle capre, aveva in animo di dedicarsi ad un manuale sui rimedi e sui trattamenti terapeutici popolari di ogni paese.
«Di solito lascio questi dettagli operativi ai miei subordinati» replicò sdegnato il maggiore Abercrombie, allontanandosi velocemente dalla stanza. Mary Bollinger cominciava a riprendere conoscenza. «Muove la testa, muove la testa...» gridò il marito. La donna aprì appena gli occhi e li chiuse subito, mostrando chiaramente che la luce le dava fastidio. Subito, premuroso, Joseph Bollinger corse a chiudere una tenda pesante, che era disposta davanti all’unica grande finestra della stanza, dalla quale si godeva una vista panoramica su tutta la città morta. Bollinger riuscì, poi, a far bere alla moglie un po’ di acqua.
«Andiamo via da questo posto, Joseph. Ti prego. Non resisto più. Mi avevi promesso che ce ne saremmo andati presto, subito dopo...». La donna, ancora visibilmente sofferente, aveva un tono lamentoso. Era, comunque, in via di ripresa. Joseph Bollinger l’aveva interrotta dopo essersi reso conto che un ospite, Tariq Tramma, era ancora lì, attentissimo. «Non ti preoccupare, cara. Ora non devi affaticarti. Ti accompagnerò in camera tua. Potrai riposare tutta la mattinata. Io, però, vorrei andare lo stesso. Gli altri, sicuramente, già si saranno incamminati. Non gli vorrei concedere altro vantaggio...».
Il colorito della donna, fino ad allora cereo, cominciava lentamente a ravvivarsi. «Ti accompagnerò» fece Mary con decisione. «Bisogna impegnarsi perché questa storia finisca». Joseph le offrì prontamente il braccio. Se ne uscirono lentamente, ignorando l’ultimo ospite della Red Pompeian House rimasto.
Tariq Tramma, dopo aver dato uno sguardo malinconico alle due caraffe vuote davanti a sé, si alzò ed andò verso la finestra. Aprì la tenda. Aveva smesso di nevicare. L’ispettore guardò per qualche istante la città morta. Si soffermò sulla lunga distesa bianca che aveva coperto le mille ferite. Di scatto, voltò le spalle al paesaggio irreale e diresse lo sguardo all'unica sedia ancora accostata al tavolo. Là si sarebbe dovuto sedere Petruchio. Poi, senza affrettarsi, lasciò anche lui la stanza.