Molo Beverello

da "Asporti non autorizzati"


Il vaporetto era immerso in una nebbia fittissima. Situazione ideale per quella carretta. Molte cose rimanevano nascoste: lo scafo arrugginito in più punti, l'attrezzatura antiquata, le panche di legno scomodissime. L'imbarcazione era ormeggiata al Molo Beverello, dove partivano i traghetti per Ischia e per Capri.

Erano le prime luci dell'alba. I passeggeri arrivavano alla spicciolata. Gente anziana, per lo più, che saliva, per quanto possibile, di buon passo a bordo. Ma ce ne erano alcuni che dovevano essere letteralmente trascinati sullo scafo.

Mimmo era uno di quelli che non aveva dato problemi. Si sedette, assorto in certi suoi pensieri, in un posto qualunque. Cominciò a fare il bilancio della sua vita. "La vita è tutto un casino" disse ad alta voce. Poi, cominciò a fare il conto di tutte le puttane con cui era stato. 

Meccanicamente, gli venne di rivolgere la domanda che faceva sempre, per abitudine, alle sue occasionali compagne: "Sei una bella giovane, perché ti sei messa a fare questa vita?"

L'anziana, ossuta signora con il naso a pappagallo, che gli sedeva accanto, recitando il rosario, trasalì e cambiò posto.

Una coppia di Testimoni di Geova, marito e moglie, che avevano consumato le scarpe per le strade di Napoli, si avvicinarono al notaio Anzillotti. Gli porsero, petulantemente cortesi, un giornaletto, dicendo: "La fine del mondo è vicina."

La risposta di Anzillotti dimostrò intolleranza e durezza: "E chi se ne fotte. Qua siamo tutti morti."

Il notaio non si dava pace. Non aveva fatto testamento. Confessò ad un medico: "Succede sempre a noi professionisti. Dimentichiamo per noi quello che facciamo ogni giorno agli altri. 

Voi siete qui perché, sicuramente, avete scordato di prescrivervi e prendere delle medicine."

"No, caro signore - fece il dottore sospirando - perché me le sono prescritte e le ho pure prese."

Il vaporetto si andava affollando, ma non era ancora pronto per la partenza.

Un uomo di mezz'età fuggì dal molo, si imbarcò a tutta velocità, poi si fermò sulla ringhiera. 

Cercava qualcuno. Una donna, in manette, tra due carabinieri ed in compagnia di un giudice, cominciò a gridare dalla banchina. "Ezio, ritorna, senza di te non posso stare. Con chi litigo adesso?" L'uomo, che non perdeva mai la sua razionalità di matematico, rispose, scandendo bene le parole: "Carmela, ora la frittata è fatta. La colpa è sempre tua. Hai esagerato. Come al solito sei una sciupona. Cinque coltellate mi hai dato."

Il giudice indicò la donna in lacrime: "Ma la perdonate?"

"Ma sì, tanto che me ne importa più."

L'uomo di legge fece cenno ai carabinieri di liberare la donna. "Signora, avete visto? Vi ha perdonato. Potete andare. Sarà per la prossima volta, se vi risposate."

Un alto prelato, che nel frattempo era salito, annuì. L'uomo di chiesa, nascondeva sotto il cappotto due candelabri d'oro. Sulla panciera aveva i gioielli che aveva tolto dalla statua della Madonna nella Cattedrale. "È vero che non si può portare niente appresso. Ma Sant'Agostino sul punto non è stato molto chiaro. Perciò ci provo."

Al giornalista di cronaca mondana non poteva sfuggire la presenza dell'eminenza, che annotò sul suo taccuino. Rimase poi stupefatto quando vide anche, tra i passeggeri, un'importantissima personalità politica, che si affrettò a baciare l'uomo di chiesa. Il politico teneva sempre in evidenza le mani che, per contratto, doveva tenere pulite. Era abbinato, più per una questione di immagine che per i quattro soldi della sponsorizzazione, a un noto sapone per le mani.

Il rivoluzionario Gino, che era stato antico compagno di partito del personaggio politico, sputò con disgusto in acqua. Rivolto all'antico amico di battaglie anticlericali: "Se sapevo che andava a finire, così. Con il cavolo che passavo la mia vita ad attaccare manifesti e a distribuire il giornale del partito." Buttò in acqua con stizza un vecchio numero dell'Unità. Il giornale si aprì in acqua per mostrare il titolo di prima pagina: "È morto il compagno Stalin, luce dei popoli."

Gino, poi, rivolto, a quell'apparato post mortem sbottò in un: "Cosa volete farci credere. Questa è solo una decadente rappresentazione borghese per infinocchiarci ancora una volta."

Il più tranquillo di tutti era un signore di bell'aspetto, che tradiva dai modi un certo livello culturale. "Io sto in una botte di ferro. Non ho paura di quello che ci aspetta. Sono buddista e saranno costretti a rimandarmi indietro."

Salì uno vestito da monaco, che si avvicinò con fare misterioso a tutti i passeggeri: "La vostra vita terrena è stata una chiavica. Non ripete l'errore ora. Qui è in ballo l'eternità. Indulgenze, compratevi le indulgenze." Il monaco riuscì a raggranellare una bella somma. Fu l'unico il quale riuscì a ridiscendere dal battello.

Il vaporetto, finalmente, si mise in moto, producendo rumori spaventosi. "Siamo sicuri?" chiese ansiosa una signora.

Il giornalista cominciò a girare tra la gente, con il suo inseparabile taccuino. "Cosa avete provato al momento della morte? Cosa vi aspettate dal futuro?" L'uomo di lettere ricevette qualche testimonianza e molti inviti ad andare a quel paese.

Un professore di filosofia, naturalmente, si faceva domande e si dava, ovviamente, risposte complicate. Non osava confessare a se stesso che, in un caso o nell'altro, avrebbe passato l'eternità a fare sempre le stesse cose. In fondo, l'epilogo ultimo delle religioni occidentali era una suprema pallosità. Un professore di fisica indovinò i tormenti del suo collega e cercò di confortarlo: "Caro amico, non ti preoccupare, tra poco saremo tutti pura energia. Sai la fisica quantistica...” Un incallito allibratore si inserì nel dibattito fisico e metafisico. Cominciò a raccogliere scommesse su quello che li aspettava.

Arrivò un ritardatario. Non a nuoto, ma volando. Si trattava di un vecchio mendicante cieco, Rolando, che suonava il violino. Era stata bruciato vivo per scherzo. Prima tutti lo scansavano, perché puzzava. Ora, invece, mandava un odore bellissimo di santità. Aveva anche l'aureola sulla testa. Il prelato disapprovò.

Una giovane prostituta straniera, schifata da tutti sul vaporetto, si affrettò a baciare la mano di Rolando. Il santo mendicante la benedisse e la carezzò. Ad un invito della ragazza i due scesero in un angolo appartato del battello. Ne ritornarono dopo un bel po'.

"Quello lì non andrà lontano" fece il prelato indicando il vecchio. Invece, Rolando, ricominciò a volare insieme alla prostituta, come per precedere e guidare l'imbarcazione.

Un nano si avvicinò all'uomo di chiesa: "Eminenza, ma nel giorno della resurrezione dei corpi rinasceremo come eravamo in vita?" L'argomento lo preoccupava. L'eminenza ci pensò su e, poi, fece paterno: "Figliolo, vedi, non mi rompere le scatole, ho altri cavoli a cui pensare. " 

Accarezzò, poi, i candelabri e i gioielli, che gli davano, teologicamente parlando, preoccupazioni molto più serie.

Una signora si avvicinò esitante al capocuoco di "Filippo a Mergellina". "Ora mi potete rivelare un vostro segreto. Nel minestrone ci mettevate la noce moscata?"

Arrivarono finalmente, al termine del viaggio. Il vaporetto si fermò, fu issata una passerella che si perdeva in una nebbia ancora più fitta di quella che li aveva circondati nel viaggio. Uno alla volta uscirono e si persero in quei vapori.

A bordo rimasero i candelabri, i gioielli, una ricetrasmittente e una bambina.

La ricetrasmittente fu sequestrata al giornalista, che voleva fare il colpo del secolo, la radiocronaca di quello che c'era dopo.

La bambina di dieci anni fu lei a chiedere ed ottenere di restare. Aveva un grandissimo animo poetico. Voleva viaggiare con il battello per tutti i mari del mondo. Immaginare cosa c'era dietro la nebbia e descrivere il suono del mare che è diverso da luogo a luogo.