I polli

da "Asporti non autorizzati"


Antonio Polito aveva avuto il grande onore di recitare, come capocomico di successo, nel teatro di via Medina. 

Onore tanto, soldi pochissimi, fame disperata...

L’attore aveva un senso teatrale eccezionale. Era capace di cambiare le battute a tempo con gli avvenimenti imprevisti, che si registravano in scena.

Come quella sera del 1686. Una spettatrice inquietante era seduta in prima fila. Nessuno si accorse di lei, tranne Polito. 

L’uomo continuò a fingere di mangiare un pollo di cartapesta. Fece un segno alla poco gradita ospite, come per dire:

“Sei venuta per me?”

Quella annuì. 

Da quel punto, Antonio cominciò a cambiare la commedia. I compagni, pur essi bravi, lo seguivano brillantemente.

“Amabile pubblico, è un grande onore per un attore morire sulla scena. Ma lo farò più tardi, per non rattristarvi. Qui siete venuti per ridere. Sempre, però, con il consenso della morte.”

Quella fece di nuovo di sì.

“Ma perché vuoi morire, amico mio. Hai appena vinto una grande somma al lotto” disse un altro attore.

“Cosa potrei fare con i soldi della vincita?”

“Realizzare il sogno di ogni morto di fame. Comprare e mangiare pollastri per quattrocento anni.”

“Allora faccio un patto con la morte. Morirò quando avrò finito le mie galline” disse Antonio, guardando fisso la spettatrice.

La nera signora si era molto divertita. D’altronde, era sempre un compito piacevole andare ad acciuffare i comici sulla scena.

Fu incauta, quella volta. Entrò pure lei nei meccanismi della commedia dell’arte.

Fece di nuovo sì con la testa.

Da allora, molte cose sono cambiate. L’antico teatro di via Medina non c’è più. Da un pezzo sono spariti i compagni di lavoro del capocomico, ed il suo pubblico.

Eppure, in una sala che esiste in un’altra realtà, ogni sera, davanti ad un’unica spettatrice, si ripete lo stesso spettacolo.

Un solo attore, Antonio Polito, ripete i suoi lazzi di uomo e di attore affamato e finisce per addentare e mangiare l’ennesimo pollo di cartapesta.