La truffa

da "Asporti non autorizzati"


Sempronio Tubero era stato condotto in catene davanti ai giudici. Doveva rispondere del reato di truffa. 

Sempronio non aveva la coscienza tranquilla. La truffa era il suo mezzo di sostentamento. Da quando aveva l'età della ragione aveva campato esclusivamente di quello. Era la prima volta che era stato pizzicato. Perciò si meravigliò, e non poco, che gli venisse contestato un solo episodio.

"In concorso con altri - diceva il cancelliere, leggendo da carte vecchissime che sembravano papiri - aveva condotto in errore dei cittadini, sfruttando a proprio vantaggio il sentimento religioso."

Sempronio Tubero cadde dalle nuvole. Le truffe religiose non erano mai state la sua specialità.
Accennò: "Ma ci deve essere un errore..." Ma fu subito zittito dall'avvocato di ufficio, che non voleva inimicarsi i magistrati.

Nessun testimone si presentò, perciò si passò subito all'esame documentale dei fatti.

Mentre si procedeva nella lettura, l'imputato mostrava uno sbalordimento sempre più grande.  Se ne stava zitto, però. Non voleva avere altri richiami dal suo avvocato.

Il cancelliere, mentre proseguiva nella lettura, ogni tanto strizzava l'occhio ai magistrati e sussurrava: "Avete visto come so bene il latino?"

Ma i giudici non lo degnavano di una risposta. Data la piccolezza di quella causa, stavano pensando ai fatti loro.

Il cancelliere andò avanti, deluso per il disinteresse verso la sua cultura.

Dunque, il Sempronio, come ogni giorno, aveva piazzato la sua tenda nel Foro, vicino al tempio di Castore e di Polluce. Quivi Tubero cominciò ad imbonire la folla degli oziosi che ogni giorno sostano nel Foro.

"Neapolitani, date un calcio alle vostre infermità. Io che sono in stretta relazione con gli Dei potrò sanare ogni vostra malattia. Voi signore, sì, dico a voi. La vostra obesità è impressionante. Con quale animo vi presentate alle terme con quel lardo addosso. Io, benedetto dagli Dei, posso trasformarvi in un figurino. Prego, accomodatevi nella tenda. Essa è collegata direttamente con l'Olimpo. Il sommo Giove si manifesterà e vi sanerà. È a tutti noto che le sue divine flatulenze sono in grado di ridare la vita a chi le respira. 

Grande letizia: oggi il sommo Giove si sente molto scorreggione."

Il cancelliere precisò che all'interno della tenda, ben nascosto dentro una statua del dio, c'era un complice, che, evidentemente, soffriva di disfunzioni intestinali. Ed era il compare di Sempronio ad asfissiare con le sue flatulenze i malcapitati in cerca di guarigione. Il complice, però, era scappato e si era sottratto alla giustizia.

L'avvocato d'ufficio, al contrario del suo attonito assistito, aveva seguito il cancelliere con grandi cenni d'intesa. Ma il giudice, presidente del collegio giudicante, dopo essere riuscito a scacciare una mosca fastidiosissima, tornò in sé. Con uno sforzo fece tornare alla mente tutte le parole del cancelliere e balzò sulla sedia.

"Datemi le carte. Il Foro... Giove... Ma questo è sicuramente uno di quei vecchi fascicoli processuali. Stiamo togliendo l'arretrato, ma qui si esagera. Mi scuso con l'imputato. Siete stato condotto qui per un caso di omonimia. Avete lo stesso nome di un altro fetente di merda come voi, sicuramente vostro parente. Anche lui, duemila anni fa era un truffatore."