Via Anticaglia

Resti del Teatro Romano


da "Il Contastorie"


Gennarino Scogna, ultimo discendente di un'illustre famiglia di clacchisti, sentendosi prossimo alla morte, se ne andò in via Anticaglia, tra i palazzi che contenevano i resti dell'antico teatro romano.

In quel teatro era iniziata la carriera artistica degli Scogna.

Manilio Scogna detto Cicero, per guadagnare qualche sesterzio, si era prestato a fare il clacchista a Nerone.

Era successo quando l'imperatore, punto da manie artistiche, aveva deciso di esibirsi come cantante, cominciando da Napoli.

La claque fu numerosa, comprendendo praticamente tutti i diecimila spettatori.

Ma Cicero aveva avuto l'onore di esibirsi come figurante speciale. Fu quando Nerone, in un intervallo della rappresentazione, decise di mangiare davanti al pubblico. Scogna fu chiamato a ruttare per esprimere la soddisfazione imperiale per il pranzo. Nerone, infatti, era giù di eruttazioni, come, del resto, di voce.

Da allora era iniziata la saga degli Scogna, che, generazione dopo generazione, avevano applaudito per soldi tutti gli spettacoli tenutisi a Napoli in circa duemila anni.

Gennarino, che non aveva discendenti, era stato l'ultimo. Aveva lavorato per lunghi anni al teatro San Carlo. Poi, fattosi vecchio, non ce l'aveva fatta più a reggere il ritmo dei lunghi spettacoli operistici.

Si era ritirato, ma accettava ancora qualche lavoretto leggero. Era diventato un spettatore fisso delle performance del Barone L.

Il povero nobile, anche lui vecchio e malandato, si era ridotto a trovare pochi momenti di soddisfazione nei rapporti che ogni tanto aveva con qualche ragazza di vita, che gli trovava la fida governante.

Non era più come ai tempi eroici della gioventù, e il barone aveva bisogno, oltre che delle uova strapazzate e delle fettone di carne, anche di un grandissimo sostegno morale per uscire vittorioso da quelle impegnative situazioni.

Così Gennarino Scogna, nascosto dietro una tenda, doveva seguire tutte le fasi del rapporto, sottolineando e applaudendo i colpi messi a segno dal barone, fino all'esplosione finale. In un'occasione particolarmente difficile, il barone meritò dieci minuti di applausi a scena aperta.

Ora era tutto finito. La missione dell'ultimo Scogna al servizio dell'arte era compiuta.

Gennaro si sedette sotto un portone. Nell'assopimento del trapasso vide un uomo vestito di bianco che lo chiamava a sé, sorridendo. Era Manilio detto Cicero. Dietro di lui, generazione dopo generazione, nei costumi di tutte le epoche, gli altri Scogna. Gennarino passò davanti a loro. Fu lui, finalmente, a ricevere un applauso. Di benvenuto.