Via Benedetto Croce

Resti di una casa romana inglobati in un palazzo - La casa appartenne all'ultimo pagano di Napoli


da "Il Contastorie"


Correva l'anno 350. Il nobile e ricco Gennaro girava per Napoli come se nulla fosse. Eppure avrebbe avuto di che preoccuparsi. Da pochi mesi era rimasto l'unico pagano della città. Era successo quando tutti i suoi parenti si erano convertiti al cristianesimo, e lo avevano abbandonato.

La questione era stata portata all'attento esame delle autorità religiose. Quelli che si erano convertiti alla nuova fede solo da poco tempo, erano stati, naturalmente, i più zelanti. Avevano suggerito al vescovo di fare fuori Gennaro. "D'altronde ci siamo comportati così con tutti quelli che sono rimasti testardamente abbarbicati all'errore pagano" avevano cristianamente ricordato.

Il vescovo aveva scosso la testa. Non voleva correre il rischio di fare un ultimo martire, dopo la lunga guerra di religione. Il dignitario ecclesiastico sognava piuttosto una conversione plateale, spettacolare.

"Lasciatelo stare. Uno solo non può nuocere. Anzi, potrebbe giovarci." E rimuginava certi suoi pensieri.


Il povero Gennaro ebbe lo stesso i suoi buoni fastidi. Lui che chiedeva solo di essere lasciato in pace.


La vergine Lucilla sognava il martirio. Ma, purtroppo, l'epoca delle grandi carneficine dei cristiani era passata per sempre. Ebbe un'idea geniale. Si buttò ai piedi di Gennaro. "Stuprami, massacrami, uccidimi, dissanguami Ma sappi che io mai lascerò la vera fede."

"Fai quello che ti pare. Tanto io preferisco solo le donne navigate" fu la risposta del pagano, al quale, da autentico saggio, non erano mai piaciute le grazie troppo acerbe. Poi commentò tra sé: "Questa giovane è esageratamente drammatica. Fa una tragica confusione tra deflorazione e dissanguamento."


Il giovane Tazio, dai modi gentili, che voleva essere santificato, si buttò sul cane di Gennaro. 

"Fammi sbranare dalle tue belve, perché mai io rinnegherò la mia religione." Gennaro ebbe un moto di forte disgusto. Tazio capì di aver toccato un tasto sbagliato e cambiò argomento e mercanzia. Pensava di conoscere bene quei diavoli di pagani... Si voltò di scatto, si dimenò, alzò la tunica. "Pagano vizioso e lussurioso. Reca l'offesa più atroce alla mia virtù e al mio onore." Fu il cane del pagano, pagano egli stesso, a risolvere la questione. Incazzato come il suo padrone, addentò e morse a sangue la tenera chiappa destra di Tazio.

Quella sera Gennaro, precorrendo di quasi due millenni la psicoanalisi, scrisse sul suo diario: "Oggi sono stato molestato da un giovane ricchione, che scambiava sue particolari pulsioni sessuali con un senso religioso male assimilato."


Più di una volta il povero Gennaro fu tormentato da una folla di altri masochisti che si gettavano ai suoi piedi e chiedevano la grazia del martirio. Era davvero troppo per un pagano onesto ed equilibrato come lui.


Gennaro amava le buone letture. Un giorno mentre passeggiava nel Foro, meditando su un verso di Orazio, fu affrontato a muso duro dalla vedova Tarsilla.

La buona e pia vedova, che non ne poteva più del suo stato, gli buttò davanti una gallina squartata. "Sei rimasto solo tu, cane di un pagano, a saper leggere nelle viscere delle galline. 

Fammi sapere quando cazzo riuscirò ad avere un altro cazzo." Il mite Gennaro rimase trasecolato davanti a una simile eruzione di espressioni fescennine.


Gennaro considerò con la sua flemma abituale, che accomuna ancor oggi tanti intellettuali napoletani ai colleghi anglosassoni, che i cristiani, pur avendo indubbiamente un certo senso del sacro, quanto a divinazione erano proprio scarsi. Non poteva fare passo senza che, per via della sua vicinanza a Marte, Mercurio, Giove, Venere e Saturno, qualcuno non lo pregasse di fargli un oroscopo.


Il vescovo continuava a non perderlo d'occhio. L'ultimo pagano era un boccone prelibato. Chi lo avrebbe convertito sarebbe infallibilmente diventato papa.

Dopo aver a lungo meditato, il vecchio dignitario si risolse ad usare un'infallibile arma segreta, il toccasana per certe conversioni difficili: la teologia. Frotte di studiosi della materia si alternarono, tutti rigorosamente non invitati, a casa di Gennaro. Il brav'uomo, che era tollerante e caritatevole anche con gli importuni, ammise, alla fine di quelle estenuanti sedute, di non aver capito niente. Un onesto intellettuale può tentare di capire qualcosa nelle scienze più difficili ed astruse, giammai può ammettere di aver compreso qualcosa di teologia.

Alla fine, da uomo fondamentalmente buono quale era, gli dispiacque di doversi congedare dai teologi senza convertirsi. Capiva che quelli facevano nient'altro che il loro lavoro, e che tutti dobbiamo mangiare.


Il vescovo diventò una belva. Ordinò che nessun cristiano potesse avere rapporti con il pagano che, chissà perché, fu definito Gennaro l'Apostata. Nessuno doveva commerciare con lui, vendergli cibo o prepararglielo o servire nella sua casa.

Gennaro aveva sempre cercato di vivere da buon pagano, ma ora si era davvero perso la misura. E, forse, la perse anche lui. Abbandonò la sua flemma e dichiarò che si era rotto le palle. Il suo comportamento fu decisamente sopra le righe. Si mise gli abiti migliori, una moneta in bocca, si immerse in una vasca d'acqua calda e si tagliò le vene. In pratica, si comportò come un pagano qualunque di un filmone storico dei nostri anni cinquanta.

Nello stesso stile pesante e retorico era scritto il suo papiro d'addio a questo mondo: "Muoio. È un avvenimento necessario. Le nuove idee hanno rivoluzionato la Terra, ma, onestamente, non ho visto molto di nuovo sotto il sole. Le cose sicuramente cambieranno con la mia morte. Domani è, perciò, un nuovo giorno. Con la scomparsa definitiva dei residui di paganesimo, che io incarno, il mondo non conoscerà altro che perfezione."


Il vescovo fece esaminare il testo ad una commissione di teologi. Essi confermarono quello che il dignitario aveva sospettato. Gennaro si era segretamente convertito. Un'altra commissione, di medici questa volta, proclamò che Gennaro non si era suicidato, ma si era involontariamente tagliato i polsi mentre si faceva la barba. Non vi erano, quindi, ostacoli alla sua beatificazione. Gennaro assunse il nome di San Gennaro Minore già detto l'Apostata. Dopo molti secoli, quando il progresso tecnologico lo consentì, diventò il protettore dei rasoi di sicurezza.