Vico Lungo Gelso

da "Il Contastorie"


All'epoca dei fatti, Sigmund Freud non era praticamente nessuno. Senza né arte né parte, anche se era già grandicello. Si aggirava tristemente per Napoli, chiedendosi sconsolatamente cosa dovesse fare nella vita.

Capitò in vico Lungo Gelso. Davanti a un terraneo ad uso abitazione, vide un uomo che agitava una pistola contro qualcuno che era all'interno. Si era radunata una piccola folla, che guardava svogliatamente, per dovere più per curiosità.

"Era indubbiamente uno spettacolo già visto da quella gente", rifletté Sigmund.

La mamma ed anche il babbo gli avevano detto tante volte: "Se ti imbatti in qualcosa di pericoloso per strada, non ti fermare. Può esserci un pericolo anche per te." Ma al giovane piaceva disobbedire. Non erano presenti, ma l'austriaco godeva in modo quasi carnale nel far dispetti ai genitori. Si era spesso chiesto a quale dei due genitori era particolarmente rivolta la mancanza di rispetto. Non era arrivato ad una risposta precisa. Si era, comunque, ripromesso di approfondire la questione, più là nel tempo, quando si sarebbe creato un mestiere e una posizione.


L'uomo sul vano continuava ad inveire, brandendo l'arma da fuoco. Ora Sigmund, in una posizione più favorevole, scorgeva anche i minacciati. Questi, distesi su un letto matrimoniale, fingevano visibilmente di essere terrorizzati. Alla fine, dopo avere a lungo imprecato ed alla fine esploso dei colpi a salve, la persona armata entrò nel terraneo, chiudendosi la porta alle spalle.

Il giovane Freud non aveva capito niente di quello che era successo. Guardò con aria perplessa un'anziana donna popputa, che sembrava saperla lunga.

La vecchia non si fece pregare, e rispose alla muta richiesta di Sigmund. "Voi siete straniero, non è vero? Si vede subito. Volete sapere cosa è successo. Siete in buone mani, perché io so tutto, forse per il mio mestiere, io sono ostetrica..."

"Ost..." fece interrogativo Freud.

La donna tentò di spiegare, poi si convinse che il suo interlocutore era tardo di comprendonio. 

Fece un gesto volgare e lo accompagnò con un "Capisci? Io fare uscire bambini da fica."

L'altro mostrò di comprendere l'argomento. La donna riprese il suo racconto. Indicò con un dito il terraneo. "Là dentro ci sono tre fetenti. Li conosco bene io, sono stata la balia di tutti e tre."

L'austriaco, che non capiva neanche la parola balia, fu costretto con la forza, ad appoggiare la bocca al vasto seno sfatto della vecchia.

"Quello con la pistola è il marito. È impotente, e, sotto sotto, è pure un ricchione, anche se non lo vuole ammettere. Perché, vedi, lui, maneggiando la pistola, è come se palpasse qualche altra cosa, che una signora non può nominare."

Sigmund non capì e la balia - ostetrica fece qualcosa che mai una signora della buona società viennese si sarebbe sognato di fare. Gli toccò qualcosa tra le gambe, dicendo: "Questo qua, questo qua, fringuellino mio."

Freud non nascose il suo vivo disappunto per il gesto volgare. Ma la balia sorvolò: "Carino mio, ma potrei essere tua madre..." A quel punto Sigmund si incazzò. La donna, incurante, proseguì. "Quella femmina a letto è la moglie dell'armato. Resosi conto che il marito era impotente, si era fatto l'amante. Quello che stava anche lui a letto.

Ti posso dire una cosa. Di tutti e tre, lei, pur essendo una grande zoccola, è la più normale. 

Perché, secondo te, dopo aver scoperto che il marito non era buono, cosa doveva fare?

Con l'amante ha funzionato per un pochino. Poi anche lui si è ammosciato. Il disgraziato diceva che si divertiva solo se lo faceva in una situazione di pericolo. Sono venuti da me per chiedere un consiglio, perché io come balia e come ostetrica sono competente, e io ho organizzato il teatrino. È tutta una commedia, quella che hai visto. L'hai capito?"

Sigmund era sempre più sbalordito. La vecchia si era stancata di parlare. Voltò le spalle, e se ne andò. Mentre si dirigeva verso la sua abitazione, continuava a ripetere: "Io lo dico sempre. È sempre colpa dei genitori. Sono loro che inguaiano i figli..."