Via Luca Giordano

Sito sul quale sorgeva la villa dei Principi Nunziatelli, al centro di un esteso parco


da "Il Contastorie"


Nell'ottocento, il quartiere Vomero non era, come oggi, un infernale agglomerato di case e strade. Era tutto verde. A ville nobiliari si alternavano campagne rigogliose.

Proprio dove è ora via Luca Giordano, sorgeva la bellissima villa dei principi Nunziatelli.

L'illustre casata aveva un neo, il degenere principino Guglielmo, detto Giugiù. Tra la disperazione degli augusti genitori, il giovanotto, disdegnando la compagnia di contadinotte e servette, amava intrattenersi con le statue del parco di famiglia.

Il padre, esasperato, fece togliere le opere d'arte dal giardino.

Giugiù non fece una piega, e rimediò subito all'inconveniente.

Fu sorpreso dalla polizia al Museo Archeologico Nazionale, mentre si accoppiava con Diana Efesina, una splendida opera in alabastro.


A quei tempi, non si praticavano la psicologia e la psicoanalisi. Di solito, quando ci si imbatteva in depravazioni, non si perdeva tempo. Si prendeva il malato, legato mani e piedi, e lo si buttava in manicomio. Oppure, si ricorreva al buon senso del medico di famiglia.

Il dottor De Nicola consigliò, appunto, di mettere in atto uno stratagemma, per cercare di far rinsavire Giugiù.


Il principe padre chiamò il figliolo e gli disse: "Ho fatto sistemare nuove statue nel parco. 

Almeno, spero, lo scandalo rimarrà limitato alla nostra casa."

"Padre mio, le statue sono di marmo di Carrara?"

"Sì, Carrara autentico."

"Peccato. Ho provato l'alabastro. È migliore. Comunque, se questo passa il convento..."

Fecero un giretto in giardino. Giugiù rimase perplesso di fronte ad una rappresentazione neoclassica di una donna molto bene in carne.

"Padre, ma questa che schifo di Venere callipigia è. Tiene il culone in aria, e il tronco spostato in avanti. Pare 'na lavannara'"

Il principe padre negò. Ma si trattava proprio della lavandaia di famiglia, incipriata a mo' di statua.

Seguendo i consigli del medico, il parco era stato disseminato di false statue. Si trattava di prostitute e delle serve di casa. Erano nude, incipriate ed immobili, in pose mitologiche. 

Dovevano svezzare il principino, e convincerlo che la carne è superiore al marmo.

Ad un segnale convenuto, Giugiù fu lasciato solo nel parco. Il giovanotto, focoso come tutti quelli della sua età, zompò subito addosso alla prima statua in cui si imbattè.

Pochi minuti dopo, cosparso di una profumata polvere bianca e incazzato, si presentò al suo genitore.

"Padre mio, vi hanno fatto fesso. Le statue si sbriciolano - e si spazzolò la cipria che lo ricopriva. - Ma che fetenzia di marmo di Carrara! Non è bello freddo. È caldo. È soffice. Sospira pure. Che schifo!"