Il drago

da "Il messia meccanico"


Quattro legionari romani si spinsero fino alla lontanissima Cina. Poiché venivano in pace, furono ben accolti. Stettero qualche anno raccogliendo notizie sulla cultura, sugli usi e costumi del paese che li ospitava. Con i cinesi, avidi di notizie su Roma, i soldati furono prodighi di informazioni. Improvvisamente, tre di essi si ammalarono e morirono, nonostante le cure intense ed affettuose dei medici locali. Ne rimase uno solo, che, senza più amici, e, vinto dalla nostalgia, chiese all'imperatore di tornare a casa. Il gran signore si dispiacque, ma capì e acconsentì. Volendo risparmiare, però, al suo ospite i disagi di un lunghissimo e faticosissimo viaggio di ritorno, gli regalò un giovane, mite ed intelligentissimo drago. Cavalcando su di esso, il romano poteva tornare a casa in poche settimane. 

Il viaggio fu fatto a tappe. Di notte il drago volava senza soste. I due si fermavano di giorno in luoghi solitari. Il romano consumava cibi caldi, che cucinava al calore delle fiamme sputate dal drago.

Si fermarono nella città di Lucca. Erano ormai prossimi a Roma. Il legionario, che era pratico di quelle zone, sistemò il drago in una grandissima grotta, al di sotto delle mura che cingevano l'abitato. Su quelle mura nei secoli successivi ne sarebbero state costruite altre, ben più possenti. 

Al drago il romano disse: “Aspettami. Tornerò presto.”

Il soldato, quindi, si allontanò per andare a trovare una sua vecchia famiglia di amici. Seppe che in città era acquartierata la sua antica legione. Non potette fare a meno di andare a far visita al comandante. Quest'ultimo lo obbligò ad unirsi agli altri legionari. L'indomani dovevano partire tutti per una difficile guerra.

Il drago aspettò giorni e notti l'arrivo di quello che era diventato suo amico. Passarono i giorni, i mesi e gli anni. Il soldato romano non si fece mai più vedere. Era morto in battaglia. 

Passarono i decenni e i secoli. Il drago rifletteva, nella caverna. Scambiava qualche chiacchiera con i pipistrelli e gli uccelli migratori. Veniva così aggiornato, secolo dopo secolo, sui cambiamenti, sulle nuove genti, sulle nuove istituzioni e sui nuovi costumi. Da certi pipistrelli, che frequentavano assiduamente il laboratorio di un mago, il drago apprese cose molto, ma molto interessanti. 

I lucchesi non seppero mai di avere come ospite un drago. Sicuramente, se ne sarebbero fatto un vanto, specialmente nei confronti dei pisani, loro antichi rivali. 

La millenaria solitudine del drago venne interrotta un giorno. Penetrando da chissà quale cunicolo, entrò nella caverna un bambino. Era cinese. Il bimbo non si impressionò più di tanto nel vedere il drago. Spesso aveva sentito storie su quelle creature. Sua madre era convinta, che nonostante certe dicerie, erano esseri buonissimi. 

“Sogno o sono sveglio? Un bambino cinese. Chi l'avrebbe mai detto che avrei visto uno delle mie parti?” 

“Sono un clandestino” fece a bassa voce il bimbo. 

“Non ti preoccupare, anch'io lo sono” rispose il drago. 

Il bambino raccontò la sua storia. I genitori erano entrati segretamente in Italia. Si erano stabiliti a Prato. Avevano lavorato giorno e notte in un piccolo laboratorio di sartoria. Il piccolo per un po' aveva giocato tra centinaia di pantaloni, poi, fattosi un po' grandicello, aveva cominciato a lavorare anche lui. Quella vita infernale aveva fatto ammalare i genitori, che, in breve, erano morti. L'orfanello era fuggito. Il suo desiderio era di tornare in Cina dai nonni.

“Dimmi quale è la strada più breve? In quanto tempo arriverò, se vado a piedi?” Il drago si mise a ridere. Tossiva anche, perché l'umidità di Lucca gli era arrivata fin dentro le ossa. Poi il drago si mise a pensare. Anche lui voleva tornare in Cina. Almeno per vedere le cose come stavano, dopo un'assenza così lunga. Poi, magari, sarebbe pure ritornato nella sua grotta. Si era abituato a vivere lì.

“Ho un'idea” fece il drago. “Ti porterò in groppa. Voleremo insieme in Cina. Ma sei troppo giovane. Ho paura che potresti cadere giù. Ho, però una soluzione molto brillante.” 

Il drago aveva appreso molto dai pipistrelli amici del mago. Con un incantesimo, trasformò il bimbo in una farfalla. La farfalla viaggiò leggera, sospinta dalle correnti calde alimentate dal drago. Esso si teneva a debita distanza, sputando allegramente fiamme nell'aria. Arrivarono in Cina. Il drago tramutò la farfalla in un bimbo.