Il pellerossa

da "Il messia meccanico"


Il cimitero delle Fontanelle, scavato nel tufo, accoglie poveri resti umani disposti a mucchi ed esposti alla vista. Certe notti, i gatti entrano dentro, attirati da una forza misteriosa. A gruppi, si fermano davanti a una parete di roccia. Qui sono scolpiti strani segni. Stilizzazioni di tende triangolari e di animali robusti e pelosi che somigliano a bufali. I gatti, come ipnotizzati, iniziano un miagolio sommesso che sembra un lamento.

Dopo quella, che è forse una preghiera, da un punto imprecisato della campagna delle Fontanelle, un branco di bisonti irrompe e si dirige per le strade, sale per una ripida salita ed inizia un tonante cammino per le vie del quartiere Materdei. A seguire i bufali sono un bianco cavallo brado ed, a fianco a lui, un giovane pellerossa a torso nudo. Uomo e cavallo sembrano impegnati in una gara. L’uno supera a momenti l’altro, ma, alla fine, è il giovane ad imporsi nella corsa. 

Uno spettatore non vedrebbe nulla di quel correre impetuoso di bufali, un cavallo e un uomo. Avvertirebbe solo il gelo di un vento improvviso, il levarsi della polvere. Sentirebbe un assordante rumore di zoccoli sull'asfalto. Dopo, sì, vedrebbe qualcosa di reale. Una turba di gatti, impegnati in una corsa allo spasimo, senza speranza. Perché troppo veloci sono quelli che corrono in un’altra dimensione.

Forse il segreto di quell'apparizione è nel cimitero delle Fontanelle. Bisogna forse guardare con attenzione nei segni sulla parete. È necessario anche considerare una penna d’aquila che è su un mucchio di crani. Si deve anche mettere in relazione la penna con uno di quei teschi.
Da più di cento anni, in molte notti la corsa ha luogo.

Un giorno del 1890 sbarcò, infatti, a Napoli la carovana dello spettacolo del colonnello Cody, Bufalo Bill. La manifestazione ebbe luogo nel rione Vasto, nei pressi della Ferrovia. Facevano parte della compagnia numerosi pellerossa, per lo più guerrieri Sioux. Sconfitti, erano, in pratica, prigionieri speciali, affidati in custodia a Cody.

Erano da poco arrivati. In un ampio spiazzo venivano effettuate le prove per lo spettacolo di apertura. Toccava ai pellerossa. Sotto l'occhio vigile del vecchio Bill, i guerrieri prendevano posizione. 

Iniziò un giovanetto. Poteva avere quindici, forse sedici anni. Il bruno viso era fiero. A tratti cadeva sul volto un'espressione di malinconia. Quando lo assaliva il ricordo della sua gente, del padre, della madre, dei fratelli e sorelle sterminati dai nuovi americani. Si riprendeva subito. Il figlio di un capo, non poteva cedere al dolore. 

Il compito del giovane, veloce come il fulmine, era di ingaggiare una corsa con un cavallo. E che cavallo! Il preferito di Bufalo Bill. Un magnifico esemplare bianco. Il ragazzo riusciva spesso ad aver ragione di lui.

Erano mesi che lo spettacolo viaggiante si esibiva. In un'altra città, il ragazzo, Vento Impetuoso, aveva fatto amicizia con un gatto. Al micio piaceva da morire saltare in groppa al preferito del colonnello Cody e correre con lui. Il pellerossa aveva preparato una specie di sella. Su essa il gatto poteva affondare le sue unghie. Si teneva così ben saldo, con la schiena arcuata. Le orecchie, appuntite, erano ritte all’indietro. Tutta la sua forza era concentrata nelle zampe. A fianco, il ragazzo volava quasi sulla terra, nello sforzo di non perdere l'avversario e, anzi, di superarlo.

Anche quel giorno, i tre furono impegnati nella corsa di prova. Però, il cavallo non si fermò dove doveva. Imboccò decisamente l'ingresso e si diresse verso il centro della città di Napoli. Lo seguì il suo avversario a due zampe.

Iniziò una corsa, apparentemente senza meta, per le strade. La gente si metteva precipitosamente in salvo, al passaggio turbinoso di quella strana compagnia. Grande fu lo sconcerto e la sorpresa tra i vaccari del circo. 

I tre fecero irruzione nel piazzale della Ferrovia, Costeggiarono Castel Capuano, imboccarono una larga strada. Dopo una serie di svolte si trovarono in via Vergini. Un mercato era in corso. Volarono ceste e banchetti. La gente fuggiva precipitosamente. Ancora altra strada fu percorsa al galoppo. La Sanità e, poi, via Fontanelle. 

Alla fine arrivarono ai limiti della città, in una campagna solitaria. Il cavallo si fermò improvvisamente. Per il contraccolpo, il gatto precipitò a terra. 

Vi era la stessa calma di quando il vento cala improvvisamente, soddisfatto per aver dato una dimostrazione di impetuosa libertà.

Gli animali misero presto in azione i loro sensi segreti. Il giovane era stato un allievo prediletto dello stregone della tribù. Aveva imparato ad affinare la capacità di dare un significato alle percezioni più strane. Alla fine dell’esame tutti conclusero che quel luogo non nascondeva pericoli.

Esplorarono la campagna. Si trovavano in un terreno incolto. Percorsero un sentiero. Quasi nascosta da alti alberi scorsero una piccola casa. Era un’abitazione modestissima, con il tetto sconnesso, i muri scrostati, gli infissi danneggiati dal tempo e dalle intemperie. Accanto ad essa, una grotta. Davanti all'ingresso era la bandiera lacera del Regno delle Due Sicilie ed il ritratto dell’ultimo sovrano di quelle terre.

Vento Impetuoso trasalì ed assunse una posizione di guardia. Al suo orecchio finissimo non erano sfuggiti i passi leggeri di un uomo piccolo e strano. Era un vecchio, dai capelli e dalla barba bianchi. L’anziano capì subito di trovarsi di fronte a qualcuno che veniva da lontano e mostrò una mano aperta in segno di pace.

Giordano Gaeta, questo il nome dell’anziano, era stato l’ultimo combattente del Regno e viveva in solitudine i suoi ricordi di un tempo felice. 

I due, tragici eredi di mondi sconfitti, si scrutarono attentamente, senza alcuna ostilità. Il pellerossa notò la serenità e la mancanza di aggressività in chi gli stava davanti. Fissò gli occhi di Gaeta. Quella luce l’aveva già vista tanto tempo addietro. L’aveva scorta nel viso dello sciamano della sua tribù. 

Il vecchio lesse nel volto di Vento Impetuoso intelligenza, coraggio, ansia di libertà, senso dell’onore ed una grande, immensa malinconia.

All'improvviso, Vento Impetuoso si concentrò su rumori lontanissimi. Solo il suo orecchio era in grado di percepirli. Dopo un po’ anche Gaeta fu in grado di sentire cavalieri al galoppo che si dirigevano nella loro direzione.

Bufalo Bill non era stato con le mani in mano. Aveva sguinzagliato subito i suoi uomini per cercare i fuggitivi. Non gli interessava tanto il ragazzo, ma il cavallo. L’animale aveva un valore inestimabile.

Con un balzo, il giovane fu sopra al cavallo. L’animale si drizzò sulle zampe posteriori e si sollevò. Poi prese subito a fuggire in un terreno grandissimo pieno d’erba, che sembrava la sua prateria.

Bufalo Bill arrivò, insieme ai suoi uomini, proprio quando era iniziata la fuga. Fece cenno ai vaccari di fermarsi. Quel cavallo correva molto veloce, molto più del suo. Imbracciò il lungo fucile e prese lentamente la mira. Il vecchio si lanciò su di lui, per fermarlo. 

Uno sparo risuonò a lungo nella campagna. Il giovane cadde dal cavallo, colpito. Altri spari, rabbiosi, echeggiarono. Giordano Gaeta stramazzò al suolo senza un gemito. Vento Impetuoso fu assassinato mentre tentava una disperata fuga a piedi Morì tra l’erba. L’ultima visione fu una prateria che si faceva immensa. Tutto il mondo diventava una prateria, e si arrossava di sangue. 

I resti del pellerossa sono in uno dei mucchi di teschi e di ossa nel cimitero delle Fontanelle. È là dove è deposta una penna d’aquila. Confusi con i suoi, sono i resti del vecchio. Su una parete della grotta, il gatto aveva graffiato dei segni che aveva visto molte volte intagliare nella roccia a Vento Impetuoso.

Gli spiriti del cavallo bianco e del giovane, da allora, non hanno mai fermato la loro corsa. Certe notti corrono in una parte di Napoli. Poi galoppano e vanno per il Mondo sospinti da un altro vento impetuoso. E vedono, con tristezza, che la pianura si fa sempre più grande. E vedono, con tristezza, che è sempre più inondata di sangue.