Il giardino

da "Il messia meccanico"


C'era una volta un grande giardino assolato. Là passeggiava, sera e mattina, una fata molto potente. La buona signora si era scocciata di sentire i continui lamenti che provenivano dalla zona destinata ad orto.

Lì la zucca diceva: “ Sotto il sole cocente mi faccio sempre più grassa, ma poi non succede mai niente, che noia!”

Poi il bel pomodoro aggiungeva: “Sono rosso, tutto un fuoco. Il sangue preme, la pressione è alta, non posso stare fermo, inchiodato nello stesso posto, ho bisogno di muovermi, di agire."

L'insalata riccia, con il vento nei capelli: “Di invadenti formiche è piena questa bella mia ben fatta testolina, e la gente passa e spettegola. Dicono che ho i pidocchi. Francamente, queste chiacchiere mi indignano.”

I sospiri di un cetriolo spezzavano il cuore. Si era innamorato di una rosa bianca, che non si mostrava indifferente e dello spasimante diceva con innocenza: "Certo non è bello, ma è molto intelligente.”

I peperoni: “Sembriamo importanti, ma, a guardar bene, dentro di noi c'è solo un vuoto desolante."

Un giorno la fata, che non ne poteva più, prese una decisione:

“Basta con le chiacchiere! Ora faccio un incantesimo” e alzò una mano e pronunciò una formula magica.

Detto fatto. Un secchio diventò un castello, e i frutti del giardino diventarono uomini e donne. C'era chi era brutto e chi era bello.

“E ora cosa facciamo?” si dissero l'uno con l'altro.

“Facciamo una bella storia d’amore” disse la viola garbata.

Così, il cetriolo innamorato fu un marchese, che, per cercare moglie, dava una festa ogni mese.

La rosa bianca, ballando, perse la scarpetta, che non andava né alla rapa né alla ciliegina, e fuggì.

Il limone, al quale non andava mai niente bene, disse acido: 

“Ma questo fatto è proprio senza sostanza, è inconsistente.”

L’uva cornicella non stava nella pelle:

“Mi ubriaco con i racconti d’amore, sono i più belli.”

Alla fine, il marchese cetriolo trovò la moglie, la rosa.

L’edera che l’aveva cercata, per misurare la scarpetta, disse: “E ora mi riposo.”

Subito ci furono le nozze e la fata fu invitata.

Dopo la cerimonia pensarono di farsi una bella mangiata.

Chiamarono i cuochi, Monsieur Carciof e Madame Melenzan.

“Cosa vi prepariamo di bello? - dissero i due - Un'insalata, uno sformato di zucchini, dei bei pomodori ripieni, due peperoni alla griglia?...”

Cetrioli, zucche, pomodori e poi tutti gli altri si fecero bianchi. Si alzò il cavolfiore, che, con i suoi capelli da vecchio, sembrava un professore.

“Amici cari, ora ci mangiamo l'uno con l'altro?

Queste cose le fanno gli uomini, non noi, buone creature di Dio.

Perciò torniamocene nella terra dove siamo nati.”

La fata disse di sì e in un lampo tutto tornò come era prima.

Non ci furono più sospiri e lamenti.

I frutti del giardino vissero in pace e contenti, senza far male a nessuno, con l'acqua, la terra e il sole lucente.