Comunicazione "Temeetr" per Nicola

da "Papà è nel tavolino" / 2


Caro Nicola, no, non muovere i tasti. ATTENZIONE ATTENZIONE L'ELABORATORE ELETTRONICO NON È GUASTO. NON PREOCCUPARTI SE LO SCHERMO LAMPEGGIA IN MODO STRANO. NON FARE NIENTE. LEGGI SOLAMENTE QUELLO CHE APPARE DENTRO.

Ti sei calmato, Nicola? No, non è il computer che ti parla. Sarebbe molto simpatico se ora mi mettessi a scrivere una bella poesia. Tu potresti credere, distruggendo le poche, ultime, residue certezze di un vecchio umanista, quale sei, che il computer, posseduto da intelligenza artificiale, si cimenti in composizioni in versi. Rincuorati, ciò non succederà... I computer non hanno guai e sofferenze. Non potranno mai scrivere versi o romanzi.

Forse la verità è ancora più sconvolgente per te, che sei così impressionabile. 

Mantieniti saldo e non farti prendere dall'emozione. È lo spirito del tuo amico Ilario che ti scrive. Ti trovi, anzi, di fronte ad una novità assoluta. in fatto di comunicazioni tra trapassati e viventi. Trasmissione eterica a mezzo elaboratore elettronico in tempo reale (TEMEETR).

Sai che, fino ad oggi, gli spiriti si sono serviti, per manifestarsi, di bicchierini, di penne, di voce diretta e di altri sistemi. Bisogna adeguarsi. Eccomi qua ad inaugurare il nuovo mezzo. Mi sento una specie di Guglielmo Marconi.

Innanzitutto, come si usa in queste circostanze, ti invio, dal più alto dei cieli, il mio più cordiale saluto.

Tu sei uno degli amici che avevo in banca. Ma eri e sei di pasta diversa rispetto a quelli che ti sono ora intorno e tra poco sarai licenziato anche tu. Ci legavano interessi letterari. Tu scrivevi e scrivi poesie, io racconti e romanzetti. Hai avuto riconoscimenti per i tuoi lavori, anche se non adeguati al tuo valore. Le tue poesie hanno avuto ed hanno una certa, anche se ristretta, circolazione. 

Invece, io ho avuto un solo lettore, te, caro e paziente Nicola.

Per la fretta di morire, per motivi troppo complicati, che non sto qui ad indicarti, non ho avuto il tempo di scrivere le ultime tre cose che avevo in mente. Poiché non mi è mai piaciuto lasciare le cose a metà, ho deciso di scrivere ora questi racconti, da morto. È roba postuma autentica, insomma. 

Se lo sapessero gli editori, ne rimarrebbero sconvolti. “Non bastano tutti i vivi che scrivono, ora ci si mettono anche i trapassati.”

Ho già chiesto a mia moglie il piacere di mettere, in un cassetto chiuso a chiave, pacchi di carta e tante, tante penne. Nei momenti liberi dalle mie attuali incombenze, scriverò. Quando avrò finito, trasferirò i romanzi dal cassetto di casa, per così dire mia, al tuo tavolo di lavoro. Poiché sei impressionabile, procura di non entrare nel tuo studio ogni giovedì dalle otto alle nove.

Potresti, infatti, vedere il fenomeno detto tecnicamente dell’apporto, con il quale farò materializzare i romanzi sulla tua scrivania. Mi raccomando, fai presto a leggere tutto. Ti chiedo, poi, di scrivere un giudizio dettagliato sui miei lavori Passerò, non appena avrai finito, a mettere in atto il fenomeno dell’asporto. Con esso provvederò a ritirare i romanzi e la tua critica scritta. Farò tornare i romanzi nel cassetto chiuso a chiave.

Abbiamo discusso insieme, quando ci trovavamo sullo stesso piano materiale, sul destino dell’uomo dopo la morte. Ti posso confortare. Se mi fosse concesso di essere linguisticamente impreciso, direi: “Gran bella vita, gran bella vita.”

Oddio, non so se per tutti i trapassati sia la stessa cosa. Perché devi sapere che godo dell’affettuosa protezione di un angelo. 

Ti chiederai “Anche lassù fanno i favoritismi?”

“Sì, anche quassù, in un certo modo... “

Sono stato da poco nominato segretario dell’Accademia dei disincarnati. Quello che mi ha preceduto nell’incarico ha preferito ritornare sulla terra sotto altre spoglie. Se i miei calcoli sono esatti, in questo momento è un bel frugoletto di circa quattro mesi. Ha grossi problemi di incontinenza. Chissà se si è pentito...

L'Accademia riunisce il fior fiore degli spiriti. Non faccio nomi. Pensa tu ai più grossi ingegni che hanno onorato la cosiddetta intelligenza umana in tutte le epoche.

Attualmente sto curando l'organizzazione di un congresso stimolante sul tema: “Il futuro delle città - C'è un futuro per le città?" Come vedi, seguiamo da vicino i problemi degli umani.

Al convegno partecipano i fondatori delle più importanti metropoli della terra. Tutti sono preoccupati per quello che sta succedendo e per quello che accadrà. 

In effetti, molti di loro hanno candidamente confessato che non volevano dare origine a quegli inabitabili mostri che sono oggi le città. Uno di loro si è lasciato scappare: “Cosa volete da me? Io una capanna ed un recinto per gli animali avevo costruito. Cosa potevo sapere del cesso che si sarebbe formato dopo?”

Comunque, partecipano anche esperti del settore dei trasporti. I congressisti più avveduti se la pigliano immancabilmente con l'inventore dell’automobile.

In una pausa dei lavori ho avvicinato il fondatore della città dove siamo nati. Era molto contento che la squadra locale di calcio di recente (tempo terrestre) avesse finalmente vinto il campionato. Di fronte a certe mie precise domande, si è messo a cantare canzonacce sportive. In effetti pare che non si renda conto di tutti i problemi della città, che ha disgraziatamente fondato. Per noi, ne abbiamo parlato tante volte, è una città che fa completamente schifo, dove i servizi pubblici non funzionano, perché ognuno deve rubare all'altro, privatizzando il privatizzabile. E quelli come noi, che non hanno niente da privatizzare, si impoveriscono.

Tu non hai mai amato il lavoro in banca, anche se devo riconoscere che hai dato il più possibile, perché sei sempre stato una persona onesta. Scusami, se parlo così di un amico. Ti ho sempre visto, però, con una smorfia di preoccupato disgusto mentre attendevi, alacre, al tuo lavoro, Vedo con piacere che, dopo i primi attimi di sbalordimento e di paura, stai seguendo con molto interesse quello che appare sullo schermo.

Vicino a me c’è una vecchia conoscenza. Ti ricordi il comune amico e collega Peppino? È lui. Morì a poco più di cinquant'anni a causa di una cirrosi epatica. Non che fosse un bevitore, tutt'altro. È che lui, dopo l'avvento della Mano Invisibile, aveva accettato di vendere sofisticatissimi prodotti finanziari. Solo che, nei rapporti con la clientela non usava parole inglesi, ma dialettali. Errore imperdonabile. Con il dialetto puoi vendere roba buona, antica, genuina, saporita, onesta. Come i caciocavalli, non certo come i prodotti finanziari. 

Conclusione: Peppino, mentre era al suo posto di lavoro, sentì una grande folata di vento, poi un acutissimo dolore al fondo schiena. Si ritrovò in mezzo a una strada. Svenne e, in stato di incoscienza, si vide trasformato in una biglia di vetro su una pista di sabbia. Al risveglio capì di essere stato oggetto di attenzione della Mano Invisibile. Aveva perso il lavoro. Non c'era da stare allegri, ma, per un momento, Peppino si sentì sollevato. “Poteva andare molto peggio. Meno male che gli economisti teologi liberali non hanno inventato il Piede Invisibile.”

Peppino sembrava aver assorbito bene il colpo del licenziamento, ma non era così. Segretamente si rodeva il fegato. Ed è finito, a soli cinquantaquattro anni, qui. 

Peppino mi ha rivelato con rammarico che, dopo la sua morte in un ospedale privatizzato, gli infermieri, che dovevano comporre la sua salma, bestemmiavano, Non gradivano, evidentemente, essere adibiti a quelle pietose operazioni, oltre a tutte le altre usuali del loro mestiere. Peppino non reagì in quell'occasione come avrebbe voluto (pugni in testa a quella gentaglia) perché era già avvenuto il distacco del suo spirito dal corpo mortale e si trovava, quindi, in un momento di estasi.

Volteggiava beato nell'aria, colpito da raggi di luce ultramondana, mentre i suoi parenti già defunti, organizzati in un complessino musicale diretto dal fu zio Gerardo, suonavano ed intonavano musiche e canti celestiali. 

Peppino è sempre stato un allegrone. Anche qui ha mantenuto inalterato il suo spirito. Si mette a seguire, per esempio, il sommo Beethoven e ogni tanto canticchia “po, po, pooo”. Il Maestro, fortunatamente, continua a mantenersi sordo e non nota queste parodie di sinfonia un po’ corrive. 

Nel mettere in atto i suoi scherzi dozzinali, Peppino non trascura le nostre glorie letterarie. Si getta ai piedi di Dante Alighieri e, quando quello fa per soccorrerlo e rialzarlo, Peppino, sornione, gli dice: “E caddi come corpo morto cade.”

Ora il suo divertimento è interpretare Napoleone. Si intrufola in moltissime sedute spiritiche e, quando i presenti chiedono il nome dello spirito che si è manifestato, lui, invariabilmente, fa il nome del Bonaparte. Poiché Peppino non è stato mai forte in storia, un pezzo alla volta, seduta dopo seduta, sta riscrivendo la storia di Francia. 

Qualche volta ha fatto partecipare anche me alle tenebrose riunioni. Tanto ha insistito che mi ha convinto spesso a fare la parte della moglie del Grande Corso. A sentire Peppino, i rapporti tra i due coniugi dovevano essere molto, molto tesi. 

Finisce sempre che dobbiamo simulare un grandissimo litigio, del quale fanno le spese i partecipanti alla seduta. Peppino, infatti, è molto abile nelle materializzazioni degli oggetti. Però ha una visione un po' stereotipata delle conclusioni dei litigi tra marito e moglie, anche se a livello imperiale. 

Immancabilmente, fa materializzare dei piatti con finiture in oro zecchino, sui quali spicca una grande N. Ebbene, i piatti cominciano a volare per la stanza e si vanno, poi, ad infrangere per terra o, preferibilmente, sulle teste dei partecipanti alla seduta. 

Peppino si sta facendo un nome, sia quassù che laggiù. Da voi, le sue manifestazioni napoleoniche, prese per genuine, sono oggetto di attenta investigazione, anche a livello universitario. Uno studioso di fenomeni paranormali ha scritto di una nuova luce che è stata recentemente gettata sulla figura del Corso. Sostiene questo studioso, argomentando da una dichiarazione di Peppino-Napoleone, che le facoltà dell’imperatore furono lese da una brutta ferita causata dalla moglie con il lancio andato a segno, di un grande piatto da portata. Da quel giorno perse tutte le battaglie. 

Lo studioso, sempre imbeccato da Peppino, ha sostenuto che la prova di quanto rivelato può essere facilmente raggiunta, controllando un certo servizio di piatti, dal quale mancherebbe proprio quel pezzo usato come corpo contundente.

Certamente ricordi che l'astrologia era una delle cose che mi accomunava a Peppino, durante il nostro effimero transito terrestre. Personalmente, sognavo di fare l'astrologo da vecchio, andando in pensione. Per me non c’è stata né vecchiaia né pensione. Probabilmente era scritto negli astri. Un giorno o 1’altro devo fare un controllo sul mio tema natale, consultando qualche testo in una libreria terrestre specializzata. 

Peppino mi ha superato, come al solito. Lui l'astrologo lo fa da morto, da spirito operante, fedele al motto: muoiono sempre i migliori. Il mio amico si mette all’ingresso dell’ufficio matricola, dove i morti freschi si vanno a registrare. Con la sua solita improntitudine, Peppino abborda solo i nuovi arrivati che in vita appartenevano ad organizzazioni criminali (mafia, camorra, fronte del porto, mafia cinese, mafia giapponese, mafia russa, operatori di borsa).

Gli eterei farabutti, hanno una costante nota dominante: si sono tutti pentiti in punto di morte. Si avviano, quindi, con la massima serenità verso l'ufficio matricola, contando di fottere il prossimo morto, così come hanno brillantemente fatto, in passato, con quello vivo. 

Peppino si presenta come l'astrologo ufficiale dell’aldilà, consultato da tutti, compreso dal Principale, che, spesso, non sa che pesci prendere. I criminali lasciano fare perché non hanno dubbi sul loro futuro roseo di pentiti e covano la segreta speranza, che, quando si saranno ambientati, potranno taglieggiare anche il mio amico, portandogli via almeno il trenta, quaranta per cento dei proventi delle attività astrologiche. Lui lascia pensare, chiede la data e l'ora della morte, precisa al minuto. 

Immancabilmente, dopo lunghi calcoli, mette in rilievo l'importanza dell'agreste e rurale segno del toro e fa risaltare che il sole di morte ha molto a che fare con quella parte cornuta dello zodiaco. Quindi, comunica il suo meditato responso al criminale: "Amico (si fa per dire) il tuo futuro qui è indissolubilmente legato al segno del Toro. Tu avrai molto a che fare con l'agricoltura."

E, mentre il delinquente pensa che gli toccherà imporre tangenti sulle mele, sui frutti e sulle altre delizie del Paradiso terrestre, precisa il senso delle sue predizioni: "Gli astri parlano chiaro, tu sarai un lombrico almeno per i prossimi mille anni. Garantito. Ma Venere ti è favorevole. Avrai molto successo in amore."

Quassù e laggiù, quindi, Peppino organizza scherzi nei quali mi coinvolge facilmente, sollecitando certe mie corde anarchiche. Quassù sopportano malvolentieri, parecchi brontolano. Sai, l'ambiente è un po' parruccone. Molti stanno qui da parecchio tempo, altri vanno e vengono per via della reincarnazione. È il ricambio.

Al contrario di quello che succede sulla terra, i migliori non vanno mai via. C’è la più alta concentrazione di geni che si possa immaginare e desiderare. E, come è naturale, è un ambiente polveroso, oserei dire conservatore, per usare un termine forse improprio. Non tutti sono geni, comunque, perché c’è anche gente scalcagnata come me e Peppino. 

Benché sia circolata una certa petizione, e molti l'abbiano firmata, per farci reincarnare e mandarci praticamente a quel paese, non credo che si libereranno facilmente di noi. Vanto un’amicizia molto importante e Peppino, a sua volta, può contare sulla mia amicizia. A volte, quando entriamo in sintonia, combiniamo qualcosa di molto carino. 

Ci hanno detto che abbiamo portato scompiglio. Da quando, quassù, si ricompose la coppia Stan Laurel e Oliver Hardy, pare che non succedevano più le stesse cose. I due grandi attori, senza protettori, furono, però, quasi subito rispediti sulla terra e reincarnati in paffuti neonati che da grandi, è predestinato, saranno serissimi e famosissimi attori tragici. 

Come avevo motivo di dire ieri ad Albert Einstein, che non mi ha risposto: "L'eternità è una grandissima cosa, però anche quassù - e l'episodio Laurel Hardy lo dimostra - in un certo qual modo si programma l'avvenire." Vedo che i tuoi occhi si stanno arrossando. È per la commozione, dato che ti sta scrivendo, via elaboratore elettronico, un vecchio amico defunto? O è, forse, perché stai da troppo tempo davanti allo schermo? 

In entrambi i casi non mi resta altro da fare che idealmente abbracciarti e salutarti.

Tuo Ilario


...continua