Universale Remedium

XV


«Ho ricevuto la visita di altri uomini armati, che hanno imposto al mio amico fenicio, per mio tramite, di essere presente ad un’altra festa. Mi sono ancora una volta sostituito a Pazuzu. Alle offese ed ai dileggi, che hanno contrassegnato l’esibizione mia, di Senator e di Malabestia, sono ormai abituato. Questi comportamenti contribuiscono all'edificazione di Pazuzu, perché agisco al suo posto, come un mero strumento. Questa volta sono stato infinitamente più fortunato. Quando gli uomini si sono stancati dello spettacolo, hanno preso a bere vino smodatamente, e si sono completamente dimenticati di me. S’intende, dopo avermi pestato. Mi sono nascosto in un angolino riparato ed ho fatto segno alla capra ed alla scimmia di starsene buone. Ho sopportato con animo lieto il nauseabondo fetore che saliva dalle mie povere vesti, insozzate dai cibi rancidi serviti con violenza su di me.

Il vino ha sciolto le lingue di quegli uomini e, così, ho appreso notizie che mi hanno dato un quadro completo dello stato di abiezione in cui è caduta la gente di Pompei. È talmente riprovevole il comportamento di una parte degli abitanti di questa città, che essi meriterebbero un castigo esemplare. 

Conosco tutte le malefatte che compiono in questa città. Parlarne ora, sarebbe come fare un arido elenco. Mentre apprendevo nequizie, dalla viva voce di alcuni dei loro autori, ho deciso di condurre altre indagini dirette. Voglio guardare in faccia quelli che commettono tanto male, e parlare con essi.

Quando avevo ormai ascoltato tutto il necessario, mi si è avvicinato un servo, in silenzio. Ho avuto un attimo di paura. Ma l’uomo mi ha sorriso e, a cenni, mi ha imposto di tacere. Il servo mi ha guidato alla porta e, prima di congedarsi da me, mi ha dato, in abbondanza, del pane, del pesce e della buona frutta. Il buon Pazuzu non credeva ai suoi occhi quando gli ho mostrato quelle cose buone che, poi, ha diviso con me, Senator e Malabestia. A loro ho detto: «Vedete, anche tra quegli uomini turpi vi è chi è buono e generoso».

Questa mattina, mi sono recato al thermopolium di Sextilius Gamurrus. Costui ricava solo una parte infinitesima del suo reddito dalla locanda. Questa è la sua unica attività lecita, perché tutti gli altri soldi che guadagna vengono dal sangue e dalle sofferenze degli esseri umani che hanno la sventura di trovarsi sul cammino di Sextilius. Né si può dire che l’innocente attività di servire bevande e pietanze sia una copertura per Sextilius. Dai discorsi che ho sentito, sembra che tutti siano perfettamente al corrente delle sue nefandezze. A quanto pare, solo io non ero stato in grado di sapere le cose che sono sulla bocca di tutti...».

Mastro Antipher aveva l’abilità di interrompere sempre sul più bello. Il più delle volte, Tariq fingeva di non sentire e continuava imperterrito la sua lettura, ma, questa volta, le parole di richiamo di Titius Caius erano singolarmente imperiose.

«Guardi qui. Deve guardare qui, ispettore». L’abile artigiano, quel giorno, era sceso nella città sotterranea, che partiva dal cunicolo, attrezzato di tutto punto. Oltre ai soliti arnesi di scavo, aveva portato un laboratorio chimico, piccolo ma completo. Antipher gironzolava intorno ad uno scheletro, miracolosamente conservato, che giaceva ai piedi del bancone di un locale, che non era completamente venuto alla luce, ma che era sicuramente un thermopolium. Antipher spazzolava delicatamente le ossa con un pennellino, badando bene che esse non si spostassero. L’ispettore, al quale più nulla era stato detto, riprese a leggere. Anche Tramma aveva portato la sua attrezzatura, non meno importante di quella del suo amico. Si trattava dei rotoli presi dall'arca del buon Sinopis e di un intero secchio di un buon latte di capra, munto con le sue stesse mani. L’ispettore era diventato un vero esperto nella difficile arte della mungitura. All'inizio, la cosa era stata indubbiamente penosa, successivamente, aveva vinto ogni difficoltà. L’aspetto ed i modi di Tariq erano tali da tranquillizzare chiunque, anche le capre, e, poi, si era giovato dei segreti di Waldo Dodge. Tramma si era, infatti, recato alla Red Pompeian House, ormai deserta, per impossessarsi degli appunti del poeta naturalista. Ora Tariq attingeva dal secchio, specialmente quando il discorso di Sinopis si faceva più stuzzicante.

«Sextilius nacque schiavo e tale rimase per moltis-simi anni della sua vita. Ebbe la fortuna di appartenere ad un uomo buono ed onesto. Sextilius Gamurrus non mostrò mai di apprezzare il trattamento gentile del suo padrone. Lo schiavo, usando l’astuzia che aveva affinato negli anni, e giovandosi della naturale buona disposizione del padrone, era riuscito, finalmente, ad affrancarsi. Il nuovo stato aveva dato nuovo vigore a Sextilius Gamurrus. Cominciò ad occuparsi di traffici, di affari loschi. Una delle sue prime azioni ben riuscite era stata quella di mandare in rovina il suo vecchio padrone. Questo fu ridotto in schiavitù ed acquistato da un uomo libero, che non era altro che un paravento, dietro il quale agiva Gamurrus. Il vecchio buon padrone morì ben presto di crepacuore, costretto a fare da cavalcatura nelle strade di Pompei a Sextilius Gamurrus. Il poveretto, oltre, alla vergogna, aveva dovuto sopportare un non lieve fardello, perché il suo antico schiavo, già alto e di robusta complessione, insieme alla libertà aveva acquistato anche un peso notevole».

Tramma si fermò senza ricevere sollecitazioni dal suo amico. L’artifex, di certo, aveva fatto delle scoperte interessanti, perché era intento ad esaminare con una grande lente di ingrandimento lo scheletro e borbottava ogni tanto qualcosa. Tariq si alzò e si avvicinò a Titius Caius. Antipher aveva misurato i poveri resti. «Indubbiamente un uomo muscoloso. Alto, direi, circa un metro e settanta centimetri. Molto al di sopra della media dei suoi concittadini. I romani erano piuttosto bassi di statura. Se i miei ricordi non mi ingannano, la dottoressa Sara Bisel aveva calcolato una media di un metro e sessantacinque centimetri per gli uomini ed un metro e cinquantadue per le donne». Antipher si accorse della presenza di Tramma e si girò verso di lui, con un bel sorriso di autocompiacimento ben stampato sulla faccia simpatica. «Ispettore guardi l’osso della spalla. Ha una consistenza particolare. Presenta modificazioni caratteristiche, dovute al grande sviluppo del muscolo. Quest’uomo deve essere stato, ai suoi tempi, un grosso lavoratore. Perché questo era un uomo» .

«Come fa ad esserne così sicuro?». Tramma era molto incuriosito. Non conosceva quest’altro aspetto della personalità dell'artifex, il cui sapere non sembrava avere limiti.

«Ci sono parecchi metodi per determinare il sesso dall'osservazione di uno scheletro». Antipher era evidente-mente contento di poter esibire la sua erudizione, ma senza che questo assumesse antipatici risvolti di saccenteria. «Già abbiamo visto che il soggetto era alto e muscoloso. Poi, la forma della pelvi è la più indicativa per questo tipo di indagine. Anche l’esame dell’osso sacro e dell’osso della coscia è rivelatore. Sa, ispettore, ci sono metodi matematici per stabilire il sesso, basta misurare le estremità dell’osso superiore del braccio o del femore».

«Visto che è così bravo, mi potrebbe anche dire l’età?»

«Uhm, aveva di certo superato i cinquanta anni. Lo deduco dalle cartilagini delle ossa pubiche. Queste tendono a comprimersi, in certi modi caratteristici, secondo lo scorrere degli anni».

«Malattie?» Tramma provava ora stuzzicare Antipher.

«Bisognerebbe fare delle indagini molto approfondite per dare risposte sicure al cento per cento. Ad occhio, direi che costui si è nutrito bene, come gli uomini liberi. Considerando, poi, lo sviluppo della sua muscolatura, penso che si trattava di uno schiavo che lavorava sì intensamente, ma che era trattato molto bene dal suo padrone. Piuttosto, c’è qualcosa di molto interessante, che ho scoperto nella dentatura, Quest’uomo deve avere subito un’esperienza estremamente dolorosa e veramente molto rara. Intorno ai cinquanta anni, a giudicare dallo stato dei denti, gli erano spuntati i canini e i premolari. Ciò gli aveva procurato un supplizio indicibile. A questo proposito, mi sento di dedurre qualcosa. Come poteva stordire il dolore? La risposta è abbastanza semplice. A quell’epoca conoscevano una sola sostanza inebriante. Il vino. Di certo il vino, bevuto sicuramente in maniera smodata, ha condotto quest’uomo ad una perversa alterazione del carattere». Antipher parlò a questo punto con voce molto grave. «Il suo animo, molto probabilmente, era già incline alla malvagità».

Antipher, concluso l’esame di quello scheletro, era stato preso da una grande eccitazione. «La ringrazio per avermi chiamato qui. Mi ha fatto lavorare nella più emozionante e spettacolare casa di bambole. Il bello è che anche la struttura interna delle bambole ci dice qualcosa». Ci volle molto al bravuomo per potersi calmare e tornare con razionalità alle sue ricerche. Ora voleva che altre strutture interne di bambole parlassero. Si mise a cercare altri scheletri.

Tramma, intanto, si stordiva con calici di latte di capra, prima di svolgere ancora una volta il rotolo.

«Ho subito riconosciuto Sextilius Gamurrus. Alto, grosso, imponente. Visto davanti, non sembra avere un collo, perché al di sotto del mento gli pende un’enorme borsa di carne. La sua pancia è un otre rigonfio, di dimensioni smisurate. Gli occhi e l’espressione del viso esprimono grande cattiveria. Ogni tanto la mascella si contrae. Allora Sextilius Gamurrus ha una smorfia di dolore. Nasconde subito il viso con le mani, curando di non metterle a contatto con la faccia. Deve soffrire di qualcosa di terribile alla bocca. Subito dopo prorompe in terrificanti bestemmie. Sextilius beve avidamente vino da grandissime coppe, che gli vengono portate da servi ossequiosi.

'Cosa vuoi?' mi ha chiesto, quando è stato in grado di parlare. 'Sei tu un mercante caldeo depredato dai pirati, in cerca di lavoro per poter ritornare a casa?' Dopo avermi così interrogato, ha cominciato a sghignazzare, ma ha dovuto quasi subito interrompere le sue espressioni di gioia cattiva. Tornava a dolergli qualcosa. 'Non mi far ridere, perché l'allegria può procurare molto dolore a me e, quindi, a te. Sei tu caldeo? 'Ammisi che lo ero, anche se in realtà, volevo presentarmi a lui come uno sfortunato mercante lidio. Si vede che Sextilius non ha molta dimestichezza con i costumi dei popoli. 'Tu vuoi lavoro da me. Io ho molte attività'. L’uomo ha cominciato a fare un lungo elenco di tutte le sue ribalderie. Sono stato sorpreso per tale sfrontatezza. 'Vuoi lavorare in questo thermopolium? Non te lo consiglio. Qui non rubo né sulla quantità, né sulla qualità. Mi piace che la gente mangi, beva e si ingrassi. Così c'è più piacere a depredarla'. L'uomo voleva ogni tanto ridere, per sottolineare quello che diceva, ma si tratteneva. Al posto suo sghignazzavano tre brutti ceffi che si erano avvicinati a noi. 'Allora, Tubero', si era rivolto a quello dei tre che aveva un’enorme escrescenza sulla testa pelata, ‘potremmo trovargli un posticino nei lavori edili. Straniero, tu certo saprai che sono un redemptor, un appaltatore. Costruisco strade, case, edifici. Il lavoro non mi manca, ma ho schiavi a sufficienza. Mi sono stati affidati i lavori per risanare le ferite che la città ha avuto dopo il terremoto di qualche anno fa. Mi sono comportato come quando costruisco cose nuove. Perché, sai, le nostre strade sprofondano e le case che costruiamo crollano'. Quelli che dovevano farlo al posto suo, risero di gusto. 'Ciò nonostante quelli che comandano, o meglio, dovrebbero comandare in questa municipalità, continuano ad affidarmi il lavoro. Non è necessario minacciarli, glielo ordiniamo e basta. Ci devono molto. La loro elezione. Quanto ai privati che vogliono costruire qualcosa, devono per forza rivolgersi a me. Ora lo fanno spontaneamente. Ma quanta fatica abbiamo impiegato per convincerli, Non è vero, Animal Foetens?' L'uomo che rispondeva a quel nome si teneva a debita distanza, per non disturbare le narici del suo padrone. Animal ha annuito con convinzione. 'Il povero Animal Foetens prima era costretto a consigliare la gente. Suggeriva, per il loro bene, che i lavori venissero affidati a Sextilius Gamurrus. Se quelli dicevano di no, allora avevano la casa cosparsa di sterco. Se si mostravano ancora ostinati, Animal cercava di ridurli alla ragione a gesti. Gesti pesanti, visto che le parole erano state inutili. Questo bastava a convincere il novanta per cento delle persone. L'altro dieci per cento, che aveva dimostrato di non saper usare il cervello, perdeva questo e la testa. Ah, quante teste ha tagliato il buon Tot Capita’. Il terzo ribaldo portava alla cintura ciuffetti di capelli di vario colore. 'Avrai capito che la seconda parte delle mie attività è quella che si rivolge a cercare il consenso degli altri. Attività molto faticosa, all'inizio. Poi, richiede poca fatica. Quando si è ingranato, basta che la gente sappia che la tal cosa è desiderata da Sextilius Gamurrus. Anche se oggi questa attività è, come dire, riposante, non mi sembri adatto allo scopo. Sei mingherlino e non sai assumere l’espressione truce che aiuta tanto. Già, sei mercante... Comunque, ti spiego lo stesso altri misteri. Io sono anche il capo del novum collegium emendatum. Non è come i collegia di una volta, così insignificanti, privi di bei fini, e di strumenti per perseguirli. Nel novum collegium ci sono uomini estremamente devoti a me, e che rispondono direttamente ai qui presenti Tubero, Tot Capita ed Animal Foetens. I miei buoni amici hanno ciascuno il controllo di una parte di Pompei. Questa è una piccola città, ma dà lo stesso il suo bel da fare. Gli appartenenti al collegium devono fare la propaganda elettorale. Per non deviare dalle tradizioni, devono scrivere sui muri delle case i nomi dei candidati che vanno votati. La propaganda più efficace è, però, quella che si fa a voce. I miei avvicinano la gente e dicono chiaramente che Sextilius Gamurrus desidera che si voti in quel modo e non in quell'altro. Ai candidati che vogliono dare fastidio va a parlare Tot Capita‘. Ero inorridito e, certo, il mio viso, benché io sia abile nei camuffamenti, doveva esprimere sgomento. 'Non hai stomaco, caldeo. Lo dicevo che non eri adatto. I miei uomini devono anche raccogliere l’obolo dai mercanti. Si presentano nelle botteghe ad intervalli fissi di tempo e chiedono qualcosa per sostenere le attività religiose del collegium. È ovvio che non impieghiamo tutto il danaro raccolto per onorare le divinità. Ma queste non ce ne vogliono, perché sanno che ci occorrono tanti soldi per aiutare i membri del collegium, e per finanziare l’acquisto di schiavi e materiali per le opere di costruzione’. Tubero si era, intanto, avvicinato, come mai Animal Foetens avrebbe fatto, e ha sussurrato qualcosa al suo capo. Sextilius Gamurrus ha ammiccato in modo strano. ‘Mercante, il mio amico Tubero mi ha dato un suggerimento. Ha proposto un lavoro per te. Mi sembri adatto. Si vede che sei fine e gentile e devi avere anche cultura. Ti sei coltivato, tu, di certo molto di più della media degli altri mercanti. Vedi, noi ci occupiamo anche della educazione della gioventù. Mi sembri adatto, per questo incarico leggero. Si tratta di scegliere i ragazzi più promettenti e di addestrarli, cominciando da incombenze leggere, per esempio: aiutare anziane matrone ad alleggerirsi da pesanti fardelli'.

Ancora una volta quegli uomini esternarono la perversione dei loro animi ridendo di fatti terribili. Ora si era parlato addirittura della corruzione della gioventù. Stare con quella gente era diventato insopportabile. Perciò, per allontanarmi, mi è venuto in mente di uscirmene fuori con una scusa. Sono stato sempre insuperabile nel trovare scuse.

'Oh, Sextilius, vedo là passare un mercante caldeo, mio buon amico. Vado un momento da lui, ma tornerò subito. Mi sono proprio ora ricordato che gli devo restituire del danaro, che mi ha prestato tempo fa, quando feci naufragio'.

'Ah, sì ...' hanno detto all'unisono i quattro. E sono state le ultime parole che ho udito da quegli uomini malvagi. Non mi sono affrettato, ma ho compiuto un lungo giro, prima di tornare a casa. Sono sicuro che nessuno mi ha seguito.

Ho ripensato alla mia avventura. È strano che Sextilius ed i suoi mi hanno lasciato andare via così facilmente. Eppure, mi avevano messo al corrente di segreti ancora più terribili di quelli di Popidius Facus. Comunque, ho attribuito tutto alla mia scusa».

L’ispettore si era stancato. «Gli occhi mi bruciano» aveva detto a se stesso. Si era alzato, aveva preso la sua torcia e si era inoltrato nel dedalo di gallerie. Dovunque c’era traccia dei rilievi di Titius Caius. Finalmente, in un antro, che aveva tutta l’aria di essere stato tanto tempo prima una bottega, Tramma scorse il suo amico.

«Questa doveva essere una panetteria. Là c’è il forno ed alla sua destra c’è la macina, azionata allora da un asino bendato».

Antipher stava lavorando ai due lati di un bancone di muratura. Aveva sgomberato gran parte della terra, che si trovava davanti e dietro il bancone, ma non aveva asportato nulla in due punti che si fronteggiavano.

«Non ho rimosso questi due mucchi di materiale vulcanico. Dentro c’è qualcuno. Ho sentito il vuoto, battendo. Sono due persone. Una davanti al bancone e una dietro. Probabilmente il panettiere ed un cliente. La nube di materiale tossico, sprigionatasi insieme all’eruzione, li ha colpiti uccidendoli all’istante, senza dar loro modo di capire quello che stava succedendo. La terra, poi, li ha coperti. La carne si è dissolta lasciando lo scheletro ed, intorno, il vuoto. Ho colato nell’impronta un materiale gessoso, che, a questo punto, già si è solidificato. Ecco, sto per togliere la terra che avvolge queste due povere statue». Dopo poco apparvero due corpi bianchi reclinati sul bancone. Il “cliente” aveva appoggiato la spada su una bilancia, con la punta rivolta verso il panettiere. Il bottegaio aveva la mano destra ancora protesa verso quello che gli stava di fronte. Con la mano reggeva un sacchetto.

«Strana questa scena» fece Antipher, grattandosi la testa, come faceva sempre quando era perplesso. Toccò l’involtino gessoso. Il sacchetto si ruppe, facendo uscire delle monete che rotolarono a terra.

«Ispettore, tutto ciò non la sorprende? Non è meravigliato?».

Tramma accennò ad un no con la testa.

«Venga a vedere un’altra cosa che, quanto a stranezza, fa il paio con questa».

Rischiarando il cammino con le torce, arrivarono ad uno spiazzo poco lontano. Doveva essere una strada perché si intravedevano, in basso, dei lastroni di pietra irregolari. Sul selciato c’erano due figure bianche, distese. «Questa è una donna. La si direbbe anziana. Il calco è perfetto. I tratti del viso si vedono perfettamente. Sembra una statua. Anche il padiglione dell’orecchio è nettissimo. Ma il lobo non c’è. È staccato di netto. Ora andiamo a dare un’occhiata all'altro calco. Ecco qui. È certamente un giovanetto. Tra le mani ha un orecchino e sembra che al gioiello sia attaccato...». «Sì, sembra proprio attaccato al lobo di un orecchio».

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